Per diventare ricchi chiedete ai Simpson

I monopoli, l'immigrazione, il libero mercato, perfino la «mano invisibile» di Adam Smith. Esce «Homer Economicus», il saggio con cui il popolare cartoon indottrina su dati e statistiche

15 Gennaio 2018

Libero

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Ammettiamolo: guardare Homer Simpson ingurgitare compulsivamente ciambelle o salvare una centrale nucleare da un suo stesso errore di distrazione, e scoprire che quel comportamento può essere spiegato da una serissima teoria economica, fa un po’ strano. E invece è proprio così.

Lo si scopre leggendo Homer Economicus. L’economia spiegata dai Simpson, il libro a cura dell’economista Joshua Hall, edito in Italia da IBL, la casa editrice che fa capo all’Istituto Bruno Leoni (pp. 256, euro 17). Pubblicato in origine nel 2013 dalla prestigiosa Università di Stanford (quella dove Steve Jobs tenne il suo memorabile discorso «stay hungry, stay foolish»), Homer Economicus, giocando col concetto di «Homo economicus», raccoglie i saggi di 23 economisti universitari, pensati per introdurre i lettori giovani e meno giovani ai concetti base dell’economia, sfruttando il ricco immaginario di Homer, Maggie, Bart e Lisa, senza tralasciare la città di Springfield.

Dai monopoli all’immigrazione, dal mercato come ordine spontaneo fino alle questioni di microeconomia, ogni voce di un ipotetico dizionario dell’economia viene sviscerata a partire da un episodio dei Simpson, che da fan della serie creata da Matt Groening probabilmente avrete già visto.

A spiegare il bizzarro accostamento tra un popolare cartoon, ma pur sempre un cartoon, e la rigorosa scienza dell’economia, è Anthony M. Carilli, direttore del Center for Study of Political Economy dell’Hampden Sidney College, nel saggio che apre il libro, intitolato I Simpson come homo economicus. «I Simpson» scrive Carilli « sono di grande aiuto per chi vuole illustrare la teoria economica.

Benché l’economia sia in realtà un modo di pensare, e non una lista di nozioni da memorizzare, esistono nondimeno alcuni concetti fondamentali che costituiscono il cuore del modo di pensare economico e le serie dei Simpson forniscono molti esempi per dimostrare tutti questi concetti». E per dimostrare che fa sul serio, lo studioso affida alla Simpson-narrazione i 10 concetti fondamentali dell’economia (Legge della domanda, scarsità, ecc), che ripassati da Homer diventano facili anche a chi ne sente parlare per la prima volta.

E non è che l’introduzione: lungi dal voler essere puro divertissement, Homer Economicus capitolo dopo capitolo, affronta anche questioni più complesse come, per esempio, la metafora della mano invisibile che il filosofo Adam Smith usò per spiegare quelle che erano a suo dire le virtù del libero mercato: a Springfield la mano c’è e si vede anche se ha 4 dita.

E, se nel capitolo 12 i Simpson diventano la via per spiegare l’economia delle cure sanitarie, con particolare riferimento a quella americana (un po’ complicata), in quello conclusivo, il loro salotto piccolo borghese al cui centro campeggia un mega tv a schermo piatto diviene esso stesso metafora di quanto il libero mercato, con la sua rincorsa a prodotti sempre più sofisticati e meno costosi, a dispetto delle critiche, abbia fatto bene alla famiglia media americana.

Rivolto sia ai fan della serie, che l’anno scorso ha festeggiato i suoi primi 30 anni, che agli appassionati di economia pop, Homer Economicus in realtà non è la prima intrusione dei Simpson nella cultura “alta”, ma si inserisce un ricco filone iniziato nel 2001 col libro I Simpson e la filosofia (The Simpsons and Philosophy: The D’oh! of Homer), raccolta di saggi curata da William Irwin, Mark T. Conard e Aeon J. Skoble, che nel 2016 ha visto nascere anche un vero corso universitario all’università di Glasgow in Scozia.

E prima di diventare homo economicus, Homer era passato anche per il lettino di Freud e Lacan in un altro libro di successo, del 2006, intitolato manco a dirlo, The Psychology of The Simpsons: D’oh! (a cura di Alan S. Brown e Chris Logan), che ha ispirato anche l’italiano I Simpson e la psicologia di Vincenzo De Blasi e Alessio Manciocchi. Poi è venuta la matematica con La formula segreta dei Simpson. Numeri, teoremi e altri enigmi di Simon Singh, già ricercatore di fisica a Cambridge. Anche se il libro simpsoniano più strabiliante di tutti, ad oggi rimane II Vangelo secondo… I Simpson. Dalla birra… alla Bibbia, dove il catechista Don Diego Goso, rilegge in chiave religiosa la praticità di Marge, l’onestà intellettuale di Lisa, l’innocenza di Maggie, la provocazione di Bart, il bigottismo di Ned Flanders e la fede di abitudine del reverendo Lovejoy, fino a spingersi a dire in quarta di copertina che «Gesù preferirebbe una serata con Homer e famiglia, piuttosto che con certi cristiani altezzosi». E come dargli torto?

Da Libero, 14 gennaio 2018

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