Tassare le merendine fa male

Se il sovrano vuole si tassa tutto, compresa, letteralmente, l'aria

25 Settembre 2019

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione Teoria e scienze sociali

Tasseranno la ricreazione e i viaggi?

Conte e Fioramonti dicono di sì, Di Maio dice di no. A un passo dalla legge di bilancio, quel che è certo è che il governo deve trovare i soldi. Dove, non si sa. Non è quindi escluso, e in fondo non lo ha escluso nemmeno Di Maio nella quasi-smentita, che li prendano dalle merendine preconfezionate e dai voli. Se proprio tassazione deve essere, anzi, più facile che sia a carico di comportamenti vagamente stigmatizzabili, per meglio giustificarla agli occhi di un paese vessato dalle imposte.

Abusare di alimenti ultraprocessati può creare, a date condizioni, problemi di salute. Così come aumentare il traffico aereo può creare problemi di inquinamento.

Risolvere gli uni e gli altri con una tassa sarebbe facile, se funzionasse.
Ma non è così semplice, a partire dalla stessa configurazione dell’imposta.
Innanzitutto, una imposta sulle merendine o sui voli, se davvero dovesse avere uno scopo disincentivante o compensativo dei costi sociali derivanti dai comportamenti tassati (se, cioè, fosse una imposta pigouviana), non dovrebbe essere genericamente a carico dei singoli prodotti confezionati o dei singoli voli, ma del loro abuso. Non è mangiare una merendina o mangiarne tante ma saltuariamente a creare problemi di obesità. E prendere sporadicamente un aereo non significa contribuire attivamente all’inquinamento terrestre.

Poiché tuttavia è impossibile quantificare e verificare l’abuso di tali beni e servizi, se ne dovrebbe tassare l’uso anche occasionale, con evidenti problemi di giustificazione dell’imposta.

Il governo probabilmente è tranquillizzato dalla consapevolezza che, negli anni, praticamente qualsiasi imposta è stata ritenuta legittima in quanto rientrante nella discrezionalità del legislatore. Se il sovrano vuole si tassa tutto, compresa, letteralmente, l’aria. A restare quindi con la tassa in mano siamo noi contribuenti, consumatori abituali o sporadici di wafer, viaggiatori seriali o per necessità. Non ci resteremo però per paternalismo di Stato, per educarci ai buoni propositi e comportamenti. Ma solo per toglierci qualche euro in più oltre ai tanti che già versiamo al governo. Esserne consapevoli, in democrazia, è già qualcosa.

23 settembre 2019

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