Il carcere degli innocenti

Sì, lo Stato riconosce che è possibile andare in carcere per errore prima che si sia giudicati

28 Gennaio 2020

IBL

Argomenti / Politiche pubbliche Teoria e scienze sociali

L’ingiustificabile svarione del ministro della giustizia Bonafede secondo cui gli innocenti non finiscono in carcere è stato già ampiamente criticato. Per il ministro che cura l’organizzazione dell’amministrazione giudiziaria anche penale, che conosce le statistiche sulla funzione giurisdizionale elaborate proprio dal suo ministero, che sovrintende anche al sistema penitenziario, non c’è contestualizzazione del discorso che possa spiegare quell’uscita.

Più che unirci alle voci di critica, vorremmo farne l’occasione per ricordare un paio di fatti.

Primo fatto: è così falso che gli innocenti non finiscano in carcere che lo Stato stesso ha previsto misure risarcitorie sia per ingiusta detenzione che per errore giudiziario. E’ quindi lo Stato stesso, di cui Bonafede è rappresentante politico apicale per l’organizzazione della giustizia, che riconosce la sua fallibilità, consentendo a chi è stato ingiustamente condannato una riparazione in via equitativa in denaro.

Tralasciando le ipotesi di errore giudiziario, che riguardano i casi di proscioglimento in sede di revisione, è sufficiente soffermarsi sull’ingiusta detenzione, ossia alle ipotesi in cui una persona ha subito custodia cautelare prima dell’accertamento dei fatti, e non quando è stata in carcere per una condanna sbagliata.

A costo di sembrare pedanti, vale infatti la pena ricordare che la detenzione è ingiusta quando il soggetto che ha subito custodia cautelare è stato poi prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato; o quando è stato prosciolto per qualsiasi causa e sia stato accertato che il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso senza che vi fossero le condizioni per emetterlo; quando è stato condannato e nel corso del processo è stato sottoposto a custodia cautelare senza che, come accertato con decisione irrevocabile, vi fossero le condizioni per farlo; quando è stato sottoposto a custodia cautelare e poi sia stata pronunciata una sentenza di non luogo a procedere o un provvedimento di archiviazione; quando è stato sottoposto a detenzione prima della convalida del giudice e sia stato poi prosciolto.

Non abbiamo volute elencare le condizioni per pignoleria, ma solo per sottolineare che l’ingiusta detenzione è, per legge, confinata a ipotesi in cui si è finiti in carcere senza giudizio, solo in via cautelare o provvisoria prima della convalida del giudice. In carcere, quindi, non perché colpevoli né innocenti (ci mancherebbe!), ma in attesa di giudizio. Ebbene, lo Stato riconosce che sì, in teoria, è possibile andare in carcere per errore prima che si sia giudicati.

Secondo fatto: passando dalla teoria delle previsioni di legge alla realtà, i dati dicono che queste ipotesi capitano, e anche spesso: dal 1992 al 2018, come ricordano le Camere penali, sono state più di 27.000 le persone che hanno ottenuto un indennizzo per ingiusta detenzione, al ritmo medio di una ogni 8 ore.

Uno Stato che manda ingiustamente le persone in carcere anticipando una condanna che non esiste è un’aberrazione della giustizia. Uno Stato che lo dimentica ne è un’infamia.

28 gennaio 2020

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