I vizi e le virtù della Flat Tax

Economisti a confronto sulla proposta della tassa piatta: un bene o un male per l'economia?

15 Novembre 2022

Italia Oggi

Argomenti / Politiche pubbliche

Dovrebbe essere uno dei prossimi provvedimenti del governo. Promessa in campagna elettorale, la Flat Tax arriverà sulla rampa di lancio. Ma la materia è quanto mai complessa e delicata e il lavoro per darle forma sta impegnando un pool di esperti messi al lavoro. Gli economisti sono divisi su due fronti, così come i politici. Ma al di là dei giudizi aprioristici e quasi ideologici, quali sono le argomentazioni e i dati degli economisti a favore e di quelli contrari?

Nella trincea dei favorevoli c’è Nicola Rossi, docente di economia politica all’università Tor Vergata di Roma e membro del Cda dell’Istituto Bruno Leoni: «Il sistema fiscale italiano? È come un Lego i cui pezzi sono messi a casaccio l’uno sull’altro e non compongono niente, una costruzione di interventi erratici dettati da esigenze immediate. Il disegno finale è incomprensibile, un piccolo mostro. La Flat Tax potrebbe mettere un po’ d’ordine. Oggi la progressività è un concetto che vale solo per i dipendenti e i pensionati che guadagnano tra i 10 e 40mila euro. Il resto del sistema fiscale non è progressivo. Lei ha un casa o 100 appartamenti in affitto, ma pagherà sempre il 21% di cedolare secca. Lei può aver 100mila o 100milioni investiti in Btp e pagherà sempre il 12,5%. È ridicolo. Le uniche imposte progressive, in Italia, sono quelle per il lavoro. Ci sono 30mila contribuenti con aliquota massima. Mentre tutto il resto, ciò che genera ricchezza vera, viene tassato con aliquote fisse. Una Flat Tax al 23%, come vorrebbe Forza Italia, è una proposta razionale a patto che si intervenga in maniera molto decisa a disboscare quella serie di detrazioni, bonus e trattamenti di favore che è proliferata negli ultimi anni».

Sulla tessa lunghezza d’onda è Domenico Lombardi, ex membro del board del Fmi: «La Flat Tax già esiste nel nostro ordinamento tributario, in casi circoscritti. Ma allargarne lo spettro vuol dire incentivare il Pil e dare al fisco italiano quell’assetto finalmente degno di un’economia avanzata. Si parla molto dei costi della tassa piatta. Ma occorre sottolineare i benefici che tale misura può creare, se si guarda solo al costo allora non se ne esce. I bonus che abbiamo conosciuto in questi anni costano e tanto. Ma generano crescita? Forse no. La Flat Tax costa, è vero, ma crea equità e Pil. Non mi pare la stessa cosa. Bisogna restituire risorse, per il solo fatto che si pagano più tasse a causa dell’inflazione. Il ceto medio oggi è schiacciato da un’imposizione fuori da ogni logica. Serve una grande opera di semplificazione, di cui l’imposta unica è il primo mattone».

Per Giovanbattista Palumbo, direttore dell’Osservatorio Eurispes: «I numeri del dichiarato in Italia non appaiono così veritieri, o almeno non corrispondono a quelli dei consumi del Paese. E dunque, lo spirito della Flat Tax sarebbe in realtà proprio quello di trovare una soluzione per contrastare un’evasione fiscale che nel nostro Paese è stimata in (almeno) 100 miliardi di euro. Considerata l’enorme evasione fiscale e considerato che quelli che oggi dichiarano redditi sopra i 28.000 euro (lordi), che dalla Flat Tax avrebbero immediato vantaggio, sono soggetti ad aliquote oggettivamente molto alte (tra il 38% e il 43%), è allora evidente che tali contribuenti pagano un carico fiscale molto alto proprio per compensare le mancate entrate di chi non dichiara e la Flat Tax potrebbe porvi rimedio».

La schiera dei contrari comprende Tito Boeri (università Bocconi di Milano): «La Flat Tax è troppo costosa. Se estesa a tutti i contribuenti potrebbe costare fino a 80 miliardi, una cifra che non possiamo permetterci. Inoltre è incostituzionale applicarla a macchia di leopardo, trattare diversamente persone che hanno lo stesso reddito. È un pasticcio incomprensibile, è evidente che è stata elaborata da chi non ha né cultura economica né cultura amministrativa. Si propone di applicare la Flat Tax soltanto agli incrementi di reddito degli ultimi anni. Il risultato è quello di avere un’infinità di aliquote anziché una sola aliquota, perché le tasse di ciascuno dipendono da quanto è aumentato il proprio reddito. In realtà chi guadagna di più rispetto all’anno precedente viene alleggerito della pressione fiscale, esattamente l’opposto di quello che un sistema fiscale dovrebbe fare».

Dall’università del Michigan arriva la voce di Paolo Pasquariello: «Ogni misura che produce un forte abbattimento della pressione fiscale, e la Flat Tax è una di queste, avrà come primo risultato l’esplosione del deficit. L’idea che ridurre la pressione fiscale generi maggiori attività economiche che più che compensano la riduzione delle entrate è fantasiosa e indifendibile. Ad oggi, non c’è Paese al mondo dove tale idea abbia mai funzionato. L’idea che tagliare le tasse aumenti le entrate, esiste solo nella fantasia di qualcuno. Non è un caso che qui negli Usa il deficit fiscale tenda ad esplodere durante le amministrazioni repubblicane, cioè sotto governi dalla forbice fiscale facile. Mi è davvero difficile pensare che un governo di qualsiasi colore possa essere così irresponsabile da implementare una politica fiscale di ben noto e fallimentare esito».

Conferma Tommaso Di Tanno (docente all’università Bocconi): « La Flat Tax per tutti, proprio perché strutturalmente ugualitaria, mette sullo stesso piano ricchi e poveri negando, quindi, nei fatti, qualsiasi forma di progressività (secondo cui i ricchi devono pagare proporzionalmente più dei poveri) in contraddizione quindi con l’articolo 53 della Costituzione. I promotori della Flat Tax rispondono che la progressività si può ottenere anche attraverso un certo dosaggio di detrazioni e deduzioni. Vero. Ma, se occorre ricorrere a dosaggi di detrazioni e deduzioni, il sistema si ricomplica di nuovo e il vantaggio della semplificazione viene meno del tutto.

Se poi si volesse semplicemente mantenere la Flat Tax così com’è adesso, cioè riservata alle sole partite Iva con volume d’affari inferiore a 65 mila euro, magari aumentando solo la dimensione di fatturato, si insisterebbe su una stortura intollerabile visto che, a parità di introiti, dipendenti e pensionati pagherebbero (come oggi già pagano) ben di più delle partite Iva. Inoltre la Flat Tax va controcorrente, avvantaggiando le microstrutture, per di più individuali, rendendo meno convenienti le aggregazioni. Un vero contributo all’antimodernità».

Infine c’è chi la considera inutile o comunque poco rilevante. È Franco Osculati (università di Pavia): «Se diamo uno sguardo alle statistiche del Dipartimento delle Finanze constatiamo, relativamente all’anno d’imposta 2020, che i redditi dichiarati, a fine Irpef, fino a 35.000 euro sono pari a oltre l’82% del totale, in grado di fornire il 43% dell’imposta netta totale (dichiarata), ovvero circa 69 miliardi. In rapporto al reddito imponibile (circa 505 miliardi) di questa fascia di contribuenti, 69 miliardi sono meno del 14%. All’interno di questo aggregato di contribuenti, anche quelli con redditi imponibili più elevati pagano un’imposta netta che in percentuale è al di sotto delle aliquote proposte, almeno a quella del 23%.

da Italia Oggi, 15 novembre 2022

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