Meglio poter scegliere. La TV commerciale e i referendum del 1995


Argomenti / Economia e Mercato

Presentazione a Roma del nuovo libro di Alberto Mingardi

Insieme all’autore intervengono: Giuliano Amato (presidente emerito della Corte costituzionale) Luca Josi (giornalista e produttore televisivo) Giovanni Orsina (direttore della Luiss School of Government e professore ordinario di Storia contemporaneo alla Luiss Guido Carli) Coordina: Costanza Calabrese (giornalista e conduttrice del TG5)

L’11 giugno 1995 gli italiani furono chiamati a votare per dodici referendum. Tre riguardavano la televisione commerciale, uno di questi mirava a ridurre la pubblicità durante i film, limitandola all’intervallo fra il primo e il secondo tempo.

Il responso delle urne fu clamoroso. Gli elettori interpretarono il referendum come una questione di libertà e bocciarono a larga maggioranza i quesiti, difendendo la televisione che avevano contro le vaghe promesse circa quella che avrebbero potuto avere, e rivendicando il proprio diritto a scegliere quali e quanti canali guardare.

L’esito referendario fu cruciale per il prosieguo della carriera politica di Silvio Berlusconi e incise anche sulla retorica e sulle proposte del centrosinistra, che l’anno successivo avrebbe vinto le elezioni. E allora perché ci siamo dimenticati di quel referendum? Alberto Mingardi ricostruisce il dibattito di quei mesi sui pericoli della concentrazione del potere mediatico e sui timori relativi all’impatto culturale di questo medium e alla sua capacità di condizionamento dell’opinione pubblica.

La crisi del vecchio sistema politico, infatti, fu anche quella del suo apparato mediatico: l’«unica rivoluzione liberale che c’è stata» in Italia è stata proprio la tv privata, emersa nonostante l’ostilità della politica e il peso del monopolio pubblico.

oggi, 29 Giugno 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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