La Corte costituzionale ha annullato le restrizioni imposte agli NCC: una rara vittoria “liberale” a favore della concorrenza e della libertà di scelta dei consumatori, partita sorprendentemente dal Sud
10 Novembre 2025
Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Diritto e Regolamentazione
Un po’ per compiacere i tassisti e un po’ per diffidenza verso tutto quel che è (che era) nuovo, in Italia la politica ha neutralizzato Uber e affini. L’ha fatto mettendo vincoli all’attività di noleggio con conducente, per esempio l’obbligo di attendere venti minuti o rientrare in rimessa tra una corsa e la successiva, affinché solo «i taxi possano rivolgersi a una utenza indifferenziata».
Pochi giorni fa la Corte costituzionale ha bocciato queste limitazioni. Non starebbe al governo regolare gli NCC, che sono trasporto pubblico locale e dunque materia regionale. Più ancora della sentenza, stupisce il ricorrente. La Corte si è infatti pronunciata sulla base di un ricorso della Regione Calabria, di cui è presidente Roberto Occhiuto, non un avversario politico del governo che ha rafforzato quei vincoli. Secondo Occhiuto, però, «l’esecutivo ha sbagliato» e quella vinta è «una battaglia liberale».
È la prima volta da qualche anno che un politico indossa l’aggettivo non per pattinare sul ghiaccio dei massimi sistemi ma per parlare della concretezza della concorrenza. Del perché la libertà di scegliere fra più opzioni giova ai consumatori. Dovendo immaginare da dove sarebbe avvenuta una qualche apertura alle liberalizzazioni, specie se si parla di trasporti, avremmo scommesso: dal nord. Ai milanesi, gente che viaggia, scoccerà non usare Uber a casa propria e un giorno esigeranno di poterlo fare. Invece a prendere il toro per le corna è stata la Calabria.
In politica, gli interessi dei produttori pesano di più di quelli dei consumatori, perché nessuno di noi la mattina allo specchio vede un passeggero di taxi mentre il tassista, comprensibilmente, vede un tassista. Per aprire un mercato serve che si mobilitino non tanto i consumatori, afoni per definizione, quanto chi vorrebbe offrire un servizio e oggi non può. Di spazio per aspiranti autisti c’è più bisogno al Sud. La disoccupazione è maggiore, la qualità dei trasporti è inferiore e quindi si può immaginare che in quell’ambito vi siano opportunità ancora da cogliere. Le battaglie per la concorrenza non le combatterà chi è sazio, ma chi ha fame e non capisce perché sia la legge a impedirgli di darsi da fare.