Un mondo che all'incontrario va

L'ultima iniziativa della Siae sull'equo compenso, lascia sconcertati

6 Agosto 2014

Hitech

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Non è soltanto una battaglia, quella sull’equo compenso: in qualche misura è la fotografia dell’Italia. Un Paese strano, contradditorio, legato più a ideologie e pregiudizi anziché ai tempi moderni che sta attraversando. L’Italia, insomma è un mondo che va all’incontrario. La vicenda ogni giorno si fa più pesante e scottante.

L’ultima iniziativa della Siae lascia sconcertati. Ma come, il governo può aumentare degli oneri (se li chiamiamo tasse i signori della Siae se la prendono) e un’azienda privata non può aumentare i prezzi dei propri prodotti sui quali è andato a gravare l’onere suddetto? Ma che mercato libero è mai questo? Di più: un’azienda privata nel momento in cui adotta una strategia commerciale si presenta davanti ai suoi consumatori. Che la possono premiare o bocciare. Fine. La Siae e il governo invece, si sentono provvisti (unici) della patente per decidere unilateralmente di applicare nuove gabelle o compensi. E poi, oltre a pretendere che tutti debbano accettare con il sorriso tali provvedimenti, si sentono nella condizione di mettere becco sulle iniziative altrui? Ma in che film siamo? Qual è il problema? Forse lorsignori sono infastiditi dal fatto che, nella fattispecie, Apple abbia giustificato l’aumento dei prezzi dei prodotti con l’incredibile aumento dei compensi per copia privata? Scusate, ma era inevitabile. Logico. Per giunta, la motivazione addotta ci sta tutta e non solo formalmente. Solo il ministro Dario Franceschini si era messo in mente di vivere evidentemente nell’ultima landa del ‘socialismo reale,’ dove i prezzi “restano fissi’.
C’è poi un tema squisitamente politico. Che ha un duplice risvolto.

Il primo. La questione dell’equo compenso coinvolge la Siae, che ne trae indubbi benefici. Qui non è in discussione la tutela del diritto degli autori e delle loro opere di ingegno. Ci mancherebbe.
Ma su questo ente che in tanti si sono affrettati a definire il solito carrozzone di Stato da tempo, troppo tempo, gravano ombre e problematiche di bilancio. E’ la collecting society che agisce in un regime di monopolio tra le più costose d’Europa, come aveva evidenziato uno studio dell’Istituto Bruno Leoni (analisi curata da Diego Menegon, nel Briefing Paper intitolato “L’intermediazione dei diritti d’autore. Perché il monopolio è costoso e inefficiente“, ndr). E nell’ultimo periodo la gestione economica e finanziaria ha lasciato a desiderare. Così da ‘costringere’ l’ente a suonare alla porta del governo. E a battere cassa per ripianare i propri conti.

Il secondo. Chi siede nei palazzi della politica non perde occasione per dirsele e darsele, pur appartenendo allo stesso schieramento. L’ultimo esempio è in casa del Partito democratico. Da una parte c’è il deputato Ernesto Carbone che presenta una dura interrogazione parlamentare a risposta scritta dalla quale emerge un’accusa senza mezzi termini della Siae.

Dall’altra, l’onorevole Francesco Boccia sempre del Pd che invece invoca forza e coraggio per sostenere questa battaglia culturale che vede la Siae in prima linea.

La solita cosa all’italiana. Dove si ha la pretesa di far valere tutto e il contrario di tutto. Dove la mano destra non sa cosa stia facendo la sinistra. Dove tutto avviene sulla testa (e anche sulla pelle) dei cittadini. Dove anche le associazioni dei consumatori (leggi il derby tra Altroconsumo e Federconsumatori) si siedono dalle parti opposte del tavolo.
Insomma, un mondo che all’incontrarlo va.

Da Hitech, 6 agosto 2014

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