Tim, Giorgetti cauto: «Valuteremo bene quando ci sarà l'Opa»

Per l'IBL è preoccupante l'onnipresente tic nazionalista della politica italiana

24 Novembre 2021

Quotidiano del Sud

Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche

Vivendi non intende rinunciare alla sua quota in Tim e si prepara a dar battaglia sull’annunciato ingresso del fondo americano Kkr, pur mantenendo toni collaborativi nei confronti del governo italiano chiamato a delicate decisioni sul dossier. Governo che per ora prende tempo, come lascia intendere il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, in attesa dei prossimi sviluppi.

In questo quadro si è spenta la fiammata che lunedì aveva portato il titolo Tim a crescere di oltre il 30%: ieri a Piazza Affari Tim ha ceduto quasi il 5%. «Non intendiamo dismettere la nostra quota, Vivendi resta un investitore di lungo termine in Tim», ha chiarito ieri un portavoce del gruppo francese, principale socio di Tim, confermando comunque la volontà del fondo di Vivendi «a voler collaborare con autorità e istituzioni italiane».

Resta il fatto che per i francesi l’offerta annunciata da Kkr intorno a 50 centesimi ad azione resta «insufficiente». Il governo invece sembra non aver fretta anche se già in settimana potrebbe riunirsi il supercomitato messo in piedi da Palazzo Chigi per seguire il dossier. Dice il ministro Giorgetti: «Il Governo valuterà l’interesse pubblico quando l’Opa ci sarà e quando il piano sarà dettagliato. In questo momento c’è soltanto una manifestazione di interesse». Molto cauto Giorgetti anche sulla natura dell’operazione. «Kkr la descrive come amichevole, ma aspettiamo i dettagli per vedere in che cosa consiste. È difficile parlare di una cosa che manca di elementi sostanziali». Comprensibile però per Giorgetti la preoccupazione dei sindacati. «Sono legittimamente preoccupati, dopodiché vedremo la proposta che viene avanti e vedremo le decisioni che adotterà il consiglio di amministrazione di Tim venerdì».

A difendere invece a spada tratta l’operazione e l’ingresso di Kkr sono gli analisti dell’Istituto Bruno Leoni: «Il fondo americano KKR ha presentato una manifestazione di interesse non vincolante per acquistare il 100% di Tim. Subito si è messa in moto la gioiosa macchina da guerra dell’interesse nazionale: politici di destra e di sinistra, sindacalisti, commentatori si sono affrettati a chiedere l’intervento del governo contro il barbaro invasore. L’esecutivo dovrà pronunciarsi sull’operazione: Tim è una società “strategica”, opera in un settore “strategico”, e controlla gran parte della rete fissa che è un asset “strategico.” Dunque l’operazione se proseguirà dovrà essere notificata. Palazzo Chigi sarà chiamato a decidere se autorizzarla, bloccarla o assoggettarla a specifiche prescrizioni. La domanda che tutti dovremmo porci è: perché? In quale modo l’eventuale ingresso di KKR può mettere in discussione la sicurezza nazionale?».

Per l’Istituto quindi «la richiesta di far scattare il semaforo rosso si spiega solo in due modi: l’onnipresente tic nazionalista e la pretesa, o la speranza, che un investitore nazionale sia più mansueto di fronte alle richieste della politica. Ma, in questo modo, e a prescindere da come si risolverà la partita attorno al controllo di Tim, non si fa altro che trasmettere dell’Italia l’immagine di un paese che dice di volere investitori esteri (e sulla loro attrazione stanzia ingenti risorse), ma in realtà ne desidera solo i soldi, senza che essi possano realmente esercitare le loro prerogative di azionisti. Non cerchiamo investimenti, ma elemosine: dimenticandoci che il motore della crescita è mosso dai primi».

Dal Quotidiano del Sud, 24 novembre 2021

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