«Surplus di bilancio e riforme: così abbiamo risanato la Grecia»

Intervista al presidente della banca centrale greca Yannis Stournaras, a Milano per ritirare il Premio Bruno Leoni 2025


10 Novembre 2025

Corriere della Sera

Danilo Taino

Argomenti / Politiche pubbliche

Dieci anni dopo i giorni tremendi durante i quali rischiò di uscire dall’euro, la Grecia ha parecchio da raccontare: un salvataggio difficilissimo e una ripresa sorprendente. Yannis Stournaras, dal 2014 governatore della banca centrale ellenica, in questa intervista spiega come, negli ultimi anni, Atene ha fatto meglio delle previsioni sia degli scettici che degli ottimisti e offre alcune riflessioni utili a tutta Europa: crescita economica e surplus del bilancio pubblico possono andare insieme, anzi sono le facce della stessa medaglia; il populismo è costoso, quando va al governo fallisce ma fa danni che poi vanno pagati; la stabilità politica è essenziale. E chiarisce che la vituperata austerità era necessaria. Il 7 novembre, Stournaras, che tra il 2012 e il 2014 è stato anche ministro delle Finanze, era a Milano e ha tenuto un discorso alla cena annuale dell’istituto Bruno Leoni.

Professore, la Grecia è di nuovo in piedi. Quali sono stati i passi fondamentali del miracolo?

«In effetti, credo che si sia trattato della più ambiziosa trasformazione fiscale avvenuta in ogni economia avanzata. Abbiamo varato misure molto dure per uscire dalla crisi: in breve, abbiamo applicato le ricette giuste, riforme fiscali e strutturali. Abbiamo trasformato un deficit di bilancio del 15% in surplus e ridotto il debito come percentuali del Pil. In cambio, abbiamo ricevuto a livello internazionale aiuti molto generosi, che stiamo ripagando in fretta. All’inizio siamo intervenuti soprattutto sulle tasse mentre abbiamo tagliato meno le spese, ma poi abbiamo corretto verso un 50-50».

Momenti difficili. Errori?

«Nessuno era pronto, non noi, non la Commissione Ue, a quel tempo nessuno sapeva cosa fare. La stessa Angela Merkel è stata esitante all’inizio. C’era chi ci consigliava di uscire dall’euro, il che sarebbe stato una catastrofe per la Grecia e anche per la moneta unica. Abbiamo fatto scelte difficili, siamo stati, per dirla con Marx, levatrici della storia: sono stati creati nuovi strumenti come il Meccanismo europeo di stabilità e la Bce di Mario Draghi ha fermato la crisi senza spendere nemmeno un euro».

Quali riforme strutturali avete introdotto?

«Abbiamo reso effettivo il sistema fiscale, creando anche un’autorità indipendente per la tassazione. Siamo intervenuti sulle pensioni. Abbiamo messo in sicurezza il sistema bancario, oggi abbiamo solo quattro banche sistemiche invece di dieci. Abbiamo riformato il mercato del lavoro. E siamo intervenuti sulla burocrazia, ridotta ma ancora con problemi. Ora dobbiamo migliorare sulle infrastrutture, sui trasporti, sulla qualità dei servizi, sulla Giustizia. Ma moltissimo è stato fatto».

Qual è stata la reazione popolare all’austerità?

«All’inizio la gente ha reagito male, resisteva ai cambiamenti. Molti volevano la vendetta contro l’Europa: ma le responsabilità della crisi erano nostre. È che i costi sono stati alti: all’inizio il Pil è crollato del 25%, la coesione sociale è entrata in crisi, sono cresciuti partiti populisti di destra e di sinistra. C’è voluto stomaco per andare avanti ma i risultati sono arrivati».

Nel luglio 2015, un referendum votò contro il piano di salvataggio europeo, il che portò la Grecia a un passo dall’uscita dall’euro. Poi, il governo Tsipras non rispettò il voto, la famosa Kolotumba (salto mortale, ndr), e accettò i termini del bailout.

«Tsipras fece bene ad accettare le condizioni ma avrebbe dovuto farlo sei mesi prima: gli ho ricordato che questo ritardo è costato cento milioni al Paese. È vero che quando i partiti populisti vanno al potere in genere non governano bene e cadono: però fanno danni che poi vanno curati, provocano costi».

Oggi come vede la situazione greca?

«Dalla crisi siamo usciti più in fretta e meglio del previsto. Restano cicatrici. Ci sono ancora molti poveri, vanno aiutati. Gli investimenti crescono ogni anno ma sono ancora inferiori al tasso medio europeo. Il reddito pro capite aumenta ma non è ancora al livello di prima della crisi. Il Pil però cresce bene da qualche anno, a un passo doppio di quello dell’eurozona».

Il consiglio più importante da offrire all’Europa.

«Non puoi guidare un Paese con grandi deficit. Noi oggi abbiamo un surplus primario del 3,6% (prima delle tasse sul debito, ndr). È una responsabilità per le generazioni future».

Quanto è importante la stabilità politica?

«Numero uno. Governo e Parlamento che sostengono le misure necessarie hanno bisogno di razionalità. Senza stabilità è difficile averne. Oggi abbiamo stabilità con il governo Mitsotakis e meno populismo».

Commentando la proposta di acquisizione di Unicredit per Commerzbank, respinta dal governo tedesco, lei si è detto favorevole al consolidamento bancario europeo crossborder.

«Rispetto agli Stati Uniti, il sistema bancario europeo è troppo frammentato. Dobbiamo passare all’unione bancaria e al mercato unico dei capitali. L’Europa non è cieca su cosa deve fare: ha i report di Enrico Letta e Mario Draghi».

oggi, 15 Novembre 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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