La pandemia è finita, ma continuiamo a portarcene dietro gli strascichi. Il governo regionale dell’Emilia-Romagna ha avviato la procedura di annullamento della delibera n. 2133 dell’11 novembre 2024. Questa delibera faceva seguito all’accordo tra la Regione e gli operatori sanitari privati accreditati del marzo 2020, quando, in pieno lockdown, la Regione aveva ritenuto necessario intervenire per garantire che le strutture rimanessero aperte e operative. In questo modo, l’allora governatore Bonaccini evitò il ricorso alla cassa integrazione e la chiusura delle strutture private, che in Emilia-Romagna erogano circa il 23% delle prestazioni ospedaliere. L’attuale governatore De Pascale e l’assessore alla sanità Massimo Fabi hanno ora ritirato la delibera che stabiliva il calcolo esatto dei ristori già in precedenza anticipati, pari a circa 80 milioni di euro, che quindi le strutture private sarebbero chiamate a restituire.
Si tratta di un intervento che viola non solo la certezza del diritto, ma anche il buon senso. La regione ha firmato un accordo in un momento critico come quello del Covid-19, chiedendo ai privati di non chiudere pur sapendo che rimanere aperti significava andare in perdita. Infatti, la maggior parte delle prestazioni non era erogabile per effetto delle restrizioni introdotte a livello nazionale. Ora che la tempesta è passata, e ad anni di distanza, la stessa regione si rimangia la parola. Se un impegno preso dall’amministrazione di oggi può essere messo in discussione da quella di domani – nonostante i servizi pattuiti siano stati resi e remunerati come concordato – allora è chiaro che qualunque investitore razionale non può far altro che scappare a gambe levate.
Che la sanità italiana sia in difficoltà, sempre alla ricerca di risorse da racimolare ovunque possibile anche a discapito della certezza del diritto, purtroppo non è una novità. Tuttavia, se solitamente è il governo nazionale ad adottare misure di questo tipo – come il payback farmaceutico o il tetto di spesa per le prestazioni private – in questo caso colpisce che sia un governo regionale a fare lo stesso, e in modo più brutale e peggiore. Che un governo centrale, distante dalle realtà locali, finisca per concentrarsi sui saldi di bilancio senza preoccuparsi troppo delle conseguenze delle proprie decisioni sorprende fino a un certo punto chiunque abbia letto qualcosa di teoria amministrativa. Ma un governo regionale dovrebbe conoscere bene le sfide del proprio territorio e lavorare in collaborazione con gli attori attivi sul campo: lascia davvero di stucco che possa fare carta straccia degli impegni presi.
Annunciando il ritiro della delibera, l’assessore Fabi ha dichiarato che “un’amministrazione sana e trasparente è anche quella capace di individuare eventuali errori e correggerli prontamente, senza avere nulla da nascondere.” Se errori ci sono stati nei calcoli dei ristori, allora si rifacciano i conti. Ma correggere gli errori non può significare rimangiarsi la parola data e obbligare i privati a lavorare in perdita.