Carlo Stagnaro
Rassegna stampa
7 novembre 2020
Stato imprenditore?
Cassa Depositi e Prestiti e il suo ruolo centrale nell’economia italiana
Lo Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti, è un attore sempre più centrale nell'economia italiana. Lo ha confermato ieri l'amministratore delegato della Cdp, Fabrizio Palermo: «L'aggregazione tra Webuild e Astaldi - ha detto - rappresenta un importante tassello del Progetto Italia, finalizzato a creare il campione italiano nel settore delle costruzioni. Un modello replicato recentemente con l'annuncio dell'accordo fra SIA e Nexi per la creazione della società leader nei pagamenti digitali in Europa».
Nelle scorse settimane la Cassa è stata protagonista dell'acquisizione della Borsa italiana. E si fa quotidianamente tirare per la giacchetta: dall'ex Ilva alle Autostrade fino al controllo di Tim e alla rete unica di telecomunicazioni. Lo stesso Palermo ha rivendicato per Cdp un ruolo a 360 gradi: "Siamo il più grosso investitore in Borsa in Italia, presenti direttamente e indirettamente in oltre 500 aziende".
Cassa non investe solo nei settori "strategici" (qualunque cosa significhi) ma anche in altri ambiti: dall'agroalimentare al turismo fino all'abbigliamento. E' davvero questa la strada per uscire dalla crisi del Covid-19?
In tutta Europa i governi soccorrono le imprese in difficoltà, attraverso una molteplicità di strumenti che vanno dalle garanzie sui prestiti all'erogazione di finanziamenti a fondo perduto fino, appunto, all'ingresso nel capitale sociale. La Commissione Ue ha adottato un apposito schema, il cosiddetto "temporary framework", per disciplinare questi interventi. Né si tratta di un fenomeno nuovo: ogni recessione grave si porta appresso provvedimenti analoghi. In fondo, la stessa Fca esiste proprio grazie al governo americano.
La differenza rispetto a quello che accade nel nostro paese sta tutta in una parola: "temporary", temporaneo. Quando Barack Obama, nel 2009, decise la nazionalizzazione di Chrysler per scongiurarne il fallimento, disse che non intendeva entrare nel business delle automobili: tutti (o quasi) si fidarono, e lui mantenne la parola. Il Tesoro uscì definitivamente nel 2011, una volta scongiurato il fallimento dell'azienda di Detroit.
Quando Angela Merkel spiega che gli investimenti in Lufthansa sono transitori, nessuno si sogna di metterlo in dubbio. Se invece Giuseppe Conte formulasse parole analoghe, nessuno lo prenderebbe sul serio. Da anni l'Italia annuncia la vendita del Monte dei Paschi, eppure nulla cambia: anzi, nel frattempo anche la Popolare di Bari è stata salvata a spese dei contribuenti.
Ogni Governo scrive nel Def che ridurrà il debito pubblico attraverso la cessione di immobili e altri asset, ma questo impegno viene sistematicamente disatteso. Perfino in un anno drammatico come questo, l'esecutivo - a corto di soldi per la scuola o i tamponi - non fatica a trovare tre miliardi per Alitalia.
La maggior parte di queste operazioni non nascono dalla crisi pandemica, ma erano state pianificate nei mesi e negli anni passati: e, con ogni probabilità, si trascineranno nei decenni a venire. Non è un mero sospetto: si parla per esperienza, visto che l'Iri e la Gepi sono legate a tanta parte degli scandali, degli sprechi e del declino economico innescato nell'epoca d'oro della Prima Repubblica.
Sarebbe bello pensare che questa volta sarà diverso: ma non c'è alcun indizio che le cose non andranno come sono sempre andate nel nostro paese.
Da Il Secolo XIX, 7 novembre 2020