Prezzi alle stelle per altri tre anni

Per l'economista Carlo Stagnaro bisogna convivere col carovita: «Servono aiuti mirati»

6 Giugno 2022

Libero

Argomenti / Politiche pubbliche

«Per almeno due o tre anni dobbiamo imparare a convivere con prezzi dell’energia così alti…». Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, la vede malissimo. Era dall’86 che in Italia non si raggiungevano questi livelli: l’inflazione galoppante è diventata quasi una tassa. E coi salari più bassi d’Europa ecco che il potere d’acquisto scivola via, fino quasi ad annullarsi. La guerra in Ucraina, poi, non sta facendo altro che aggravare il quadro. L’incertezza sugli approvvigionamenti è come sale su una ferita aperta.

Avanti con le sanzioni a Mosca?
«Si. Inizialmente abbiamo pensato alla guerra come a qualcosa che sarebbe durato poco ma ora lo scenario è diverso: il conflitto andrà avanti per altro tempo e le sanzioni idem. Reputo giusti i pacchetti varati finora e l’invio di armi all’Ucraina ma sono molto scettico sull’estendere le sanzioni al gas naturale perché rischieremmo di farci più male noi che la Russia».

Quindi, per sopravvivere?
«Dobbiamo mettere in atto una politica che ci aiuti a sganciarci dalle forniture russe: di fatto ciò equivale a una sanzione illimitata. Cercare gas altrove, ripristinare la nostra produzione, realizzare nuovi rigassificatori, chiaramente tenendo sott’occhio i costi e considerandone la fattibilità, corrisponde a una forte minaccia alla Russia. Il nostro governo, però, è molto contradditorio. Fa bene a parlare di risorse nazionali di gas ma sbaglia quando dà parere negativo, seppur non vincolante, a prolungare la vita di una centrale nucleare in Slovenia: nel momento in cui si sta facendo di tutto per aumentare i fondi da destinare alle energie alternative si va a rompere le scatole ad altri paesi europei?»

Intanto i prezzi schizzano alle stelle…
«In Italia, ma in generale in tutta Europa, l’inflazione che spaventa è quella solitamente più transitoria legata all’incremento del prezzo dell’energia. E lo vediamo dal benzinaio o nella bolletta. Il punto è che qui non siamo di fronte a un fenomeno transitorio per cui si tiene duro 6 mesi e torna tutto come prima: davanti a noi c’è un orizzonte di almeno due/tre anni».

Imprese e famiglie soffrono: il governo come deve muoversi?
«Le difficoltà per la sostenibilità dei conti delle imprese si fanno pesanti soprattutto per chi ha una spesa energetica rilevante rispetto al proprio margine. Per quanto riguarda le famiglie, invece, quelle a basso reddito subiscono una notevole perdita di potere d’acquisto. Il governo, però, ha sbagliato la mira: i provvedimenti finalizzati a ridurre il prezzo dell’energia per tutti i consumatori sono costati 26 miliardi, ma è una battaglia contro i mulini a vento. Non puoi, ogni anno, spendere così tanto. Ha più senso stanziare meno risorse e concentrarle su quella fascia di popolazione che deve rinunciare a cibo e vacanze».

La disoccupazione resta sempre molto alta: gli italiani non hanno voglia di lavorare?
«Se si offrono stipendi bassi e non si trova personale allora è chiaro che bisogna alzare l’asticella. Il problema, però, è che questo è molto difficile: per ogni euro in più che un datore di lavoro dà, ne deve sborsare almeno due tra tasse e contributi. Qui c’è una forte responsabilità dello Stato, troppo esoso fiscalmente. È chiaro poi che strumenti di assistenza sociale come il reddito di cittadinanza e i pre-pensionamenti, soprattutto al sud e nelle aree non urbane, facciano il resto: se mi offrono 800 euro di stipendio e col sussidio ne prendo 500 l’incentivo a lavorare non esiste più. Si parla tanto dei salari che dagli anni ’90 non sono cresciuti ma nemmeno il Pil va in quella direzione».

Come si fa crescere il paese?
«Il Pnrr e le raccomandazioni della Ue sono tentativi molto importanti. Il malfunzionamento generale della Pa, però, unito al malfunzionamento della giustizia, rende molto difficile attrarre le imprese. Anche per questo bisogna votare ‘Sì’ ai referendum del 12 giugno. Non dimentichiamoci poi del nostro sistema fiscale: paghiamo tasse da svedesi e abbiamo servizi da paesi baltici. Servirebbe inoltre aumentare la concorrenza tra le imprese di piccole e piccolissime dimensioni che operano in settori dove non esiste: bisogna spingerle a innovarsi e rivolgersi all’export esattamente come ha fatto il settore manifatturiero che oggi è infatti forte e dinamico».

da Libero, 6 giugno 2022

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