Se con gli immigrati sale la produttività (e il reddito)

Ma è vero che gli immigrati ci rubano il lavoro? Forse chi lo pensa sbaglia, basta guardare ai dati

27 Maggio 2024

L'Economia del Corriere della Sera

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Economia e Mercato

Ci rubano il lavoro? Anche coloro che sono meno ostili a immigrazione e immigrati tendono a pensare che questi ultimi tendono a competere con i segmenti meno qualificati della forza lavoro. Detto altrimenti, che la loro presenza inneschi una concorrenza al ribasso sul prezzo del lavoro, che penalizza i lavoratori locali.

L’amara verità è che anche coloro fra noi che sanno che l’economia è un gioco a somma positiva (che non è necessario che Giovanni diventi più povero perché Pietro si arricchisca), in realtà ragionano intuitivamente come se l’economia fosse un gioco a somma zero. Una torta della quale non si può tagliare più che un certo numero di fette.

Capita invece che gli immigrati possano essere lavoratori complementari, e che non sostituiscono, i locali.

E quello che suggerisce una nuova ricerca di uno studioso che molto si è dedicato a questi temi, Giovanni Peri (Università della California), assieme ad Alessandro Caiumi.

Attraverso una serie di stime che tengono conto anche di quanto «elastica» può essere la sostituzione fra lavoratori locali e immigrati, Peri e Caiumi arrivano a conclusioni sorprendenti. Soprattutto per chi pensa che negli Stati Uniti, per esempio, l’opinione pubblica avversa all’immigrazione sia alimentata da una corsa al ribasso per la manodopera meno qualificata.

Secondo Peri e Caiumi, i flussi migratori degli anni 2000-2019 si sono riverberati, in America, in un aumento dei salari della popolazione locale meno istruita (quanti cioè hanno un diploma di scuola superiore o meno) di una percentuale compresa fra l’1,7 e il 2,6; e in un aumento dei salari, in generale, compreso fra lo 0,5 e lo 0,8 per cento.

Sono cambiati gli immigrati: «L’immigrazione netta negli Stati Uniti è passata da una forte intensità di lavoro non qualificato nel periodo 1980-2000 a una minore intensità di lavoro qualificato nel periodo 2000-2022» e oggi «gli immigrati con istruzione universitaria sono il gruppo più numeroso di nati all’estero nella popolazione adulta statunitense».

La prospettiva di Peri e Caiumi è nazionale e non esclude che a livello locale non si verifichino situazioni più rugginose.

Si parla spesso di «selezionare l’immigrazione». Sbagliamo a pensare che l’immigrazione non si seleziona da sé: cioè che le persone non cerchino di andare là dove le loro competenze aggiungono qualcosa ai fattori della produzione.

Se ciò è vero, è possibile che l’arrivo di manodopera di provenienza extra-nazionale accresca la produttività e, nel medio termine, il reddito dei locali. Non ci rubano il lavoro.

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