Nella classifica stilata da IBL l'Irlanda risulta il paese più globalizzato, mentre l'Italia è 17a
28 Marzo 2017
Argomenti / Economia e Mercato , Teoria e scienze sociali
Rosamaria Bitetti
Fellow, IBL e ricercatrice in Analisi delle Politiche Pubbliche, Università LUISS Guido Carli
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Ornella Darova
Misurare il grado di apertura alla globalizzazione è importante perché l’internazionalizzazione degli scambi è oggetto di una divaricazione tra percezione e realtà. Infatti, sebbene l’opinione pubblica in molti paesi si sia orientata in senso ostile alla globalizzazione, l’evidenza suggerisce che la partecipazione ai mercati globali sia un fattore di crescita, occupazione ed equità.
L’Indice della Globalizzazione elaborato dall’Istituto Bruno Leoni tiene conto di tre macro indicatori: uno legato alla partecipazione dei Paesi esaminati al commercio internazionale, uno relativo agli investimenti diretti esteri, e uno sulla connettività. Il rapporto, che analizza l’andamento di 39 economie nel periodo 1994-2015, propone anche una serie di analisi statistiche, che mostrano come i Paesi più aperti si distinguano anche per un minor livello di disoccupazione (con particolare riferimento alla disoccupazione giovanile e femminile), disuguaglianza e inquinamento, mentre tendono ad avere un Pil pro capite più elevato e un punteggio migliore nell’indice della parità di genere nell’alfabetizzazione.
Executive Summary (English, PDF)