Ampliare le opportunità di lavoro, non godere di rendite di posizione
La proposta di legge delega per la riforma della professione di dottore commercialista, da poco approvata dal Consiglio dei Ministri, nasconde diverse misure che possono minare la concorrenza. Tra queste, quella forse più invasiva è la generalizzazione dell’equo compenso, peraltro comune ad altre professioni.
Viene spazzata via anche la foglia di fico del professionista contraente debole che dev’essere tutelato nel rapporto con clienti dotati di maggior potere di mercato. Nel prossimo futuro, l’equo compenso sarà vincolante per tutti, anche per il fruttivendolo dell’angolo e per la casalinga di Voghera. E di questo potere potranno avvalersi anche realtà professionali di centinaia di avvocati e/o commercialisti.
Lo zelo restauratore arriva ad estremi che non si riscontrano neanche nella disciplina del lavoro dipendente, da sempre l’emblema di un mondo in cui il dipendente è per definizione la parte debole del rapporto. I dirigenti hanno meno tutele degli operai o degli impiegati. Gli studi di cui sopra invece avranno le stesse tutele del professionista individuale che lavora senza potersi avvalere di alcun collaboratore.