Responsabilità e tabù mai affrontati

Il rimpallo di colpe e responsabilità che vengono da lontano

15 Giugno 2017

La Stampa

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La Corte dei Conti certifica che la vecchia amministrazione ha lasciato il Comune «in una situazione di squilibrio strutturale» e «toccherà a noi mettere i conti in ordine», come dice Appendino? O invece «è aumentato il ricorso al debito» e la nuova giunta appare «senza prospettiva», come sostiene Fassino?

Le letture che sindaco ed ex sindaco danno delle conclusioni dell’istruttoria della sezione regionale della Corte sono ovviamente selettive, ma non necessariamente sbagliate. Finanze comunali così precarie sono il frutto di «plurimi esercizi in cui la spesa (ragionevolmente certa) è stata plasmata su accertamenti di entrata rivelatisi non attendibili». Proprio per questa ragione, il risanamento non può che passare «dalla inevitabile e drastica riduzione della spesa al fine di parametrarla all’effettività delle entrate».

All’attuale governo della città si raccomanda «estrema prudenza». E aggiunge che le maggiori entrate dovrebbero essere destinate alla riduzione dell’indebitamento, va proseguita «l’opera di revisione della spesa primaria». La Corte ha richiesto un nuovo piano di interventi, che andrà presentato entro settembre.

È evidente che del dissesto non può essere responsabile chi è a Palazzo Civico da appena un anno. È altrettanto evidente che anche quanto di buono fatto nell’ultimo lustro non ha risolto problemi più antichi. Colpisce come, in questo contesto, ridiscutere il rapporto fra Comune e municipalizzate resti tabù. È anche per evitare di mettere mano alle partecipate che si fanno debiti su debiti. Queste aziende sono uno strumento talmente prezioso per la manutenzione del consenso che sembra nulla sia eccessivo, per proteggerle. Meglio chiedere ai cittadini sacrifici pesanti, che anche solo pronunciare la parola «privatizzazioni»?

Negli ultimi anni, in Italia, la finanza locale è stata messa pesantemente sotto tutela. Questo è un dato di fatto, che purtroppo gli amministratori possono soltanto accettare. I vincoli potrebbero e dovrebbero indurre a ripensare quel che il Comune può e deve fare, in prima persona e attraverso le imprese di cui è azionista. Non basterà migliorare la riscossione dei tributi per evitare l’iceberg. E il codice della strada non è un arcobaleno che conduce a una pentola piena di monete d’oro. È un po’ come l’eterna vicenda delle entrate da recupero d’evasione: sempre immaginifiche, sempre utili per evitare di prendere in mano le forbici e tagliare la spesa.

Da La Stampa, 14 Giugno 2017

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