Renzi corre troppo e rischia di combinare guai

Per dare inizio alle riforme consulti Wikispesa, il sito dell'Istituto Bruno Leoni

10 Aprile 2014

Libero

Argomenti / Teoria e scienze sociali

«I gufi sono smentiti. Dicevano: non ce la fa. Invece ce l’ho fatta, e non sto fermo; appena raggiunto un obiettivo, rilancio». Così Matteo Renzi secondo il Corriere della Sera. Il quotidiano di via Solferino ieri descriveva un presidente del Consiglio che dopo la presentazione del Def e la conferma degli 80 euro in busta paga sprizzava gioia da tutti i pori. Tanto entusiasta da annunciare ad Alzo Cazzullo, che ne raccoglieva il pensiero, una delle sue prossime mosse. «Sta per partire una campagna online: “E tu cosa taglieresti?” Chiediamo ai cittadini di segnalare al governo gli sprechi, gli enti inutili, le complessità burocratiche, i privilegi odiosi, i pasticci amministrativi». Gran bella idea. Tanto bella da essere già stata pensata.

Era il maggio del 2012 quando il governo Monti decise di chiedere aiuto agli italiani. Sul sito del governo fu creato un apposito modulo per segnalare gli sprechi e le spese futili. La sezione, denominata “Esprimi la tua opinione”, aveva il compito di aiutare il commissario alla spending review Enrico Bondi ad individuare le follie della pubblica amministrazione. All’epoca l’obiettivo era la revisione dei 295 miliardi che ogni anno uscivano dalle casse dello stato con destinazioni tra le più varie. Di quei soldi per il 2012 Monti contava di risparmiarne 4,2, più o meno quanti oggi ne vorrebbe recuperare lo stesso Renzi. Come è andata a finire la gran bella idea del governo tecnico si sa. Come andrà a finire la Gran bella idea del governo Renzi non si sa ma è facile immaginare.

Innanzi tutto c’è da chiedersi perché il presidente del consiglio chieda ai cittadini di segnalare ciò che hanno già segnalato (all’epoca arrivarono migliaia di lettere). Non sa che prima di lui anche Monti aveva chiesto aiuto agli italiani? Oppure non si fida del lavoro fatto dal suo predecessore? Ma se non vuole metter mano al lavoro fatto dai tecnici perché non si fa mandare la raccolta degli articoli di Libero, del Giornale e anche le copie dei libri usciti sull’argomento, da quelli di Stella e Rizzo a quelli di Mario Giordano o Nicola Porro e Mario Cervi? Perché non consulta il sito dell’Istituto Bruno Leoni, Wikispesa? Lì c’è tutto quel che c’è da sapere, senza perdere ulteriore tempo in analisi e segnalazioni. Oppure il sito web «E tu che cosa taglieresti» serve per trovare un’occupazione a qualche impiegato di Palazzo Chigi?

In realtà la sensazione è che il premier vada sì di fretta, ma senza sapere dove. Non gli importa di fare le cose che devono essere fatte, gli preme di fare qualcosa. Le province vanno abolite, sì, ma per abolirle bisogna cancellarle dalla Costituzione, come Libero chiede da una vita, non cambiar loro solo il nome, perché così alla fine in ogni provincia si risparmia a mala pena un milione, cioè niente, e tutta la burocrazia che complica la vita ai cittadini rimane. Stessa cosa con il Senato: se si vuole tagliare le spese, Palazzo Madama va chiuso. Se non lo si chiude ma gli si cambia nome si risparmiano gli stipendi dei senatori ma si pagano le diaria a quelli che subentreranno, lasciando invariato il numero di commessi, portaborse e funzionari. Insomma, i tagli se si fanno si devono fare per bene, altrimenti si prendono in giro gli elettori, i quali nel loro piccolo tra qualche tempo, passata la sbornia renziana, potrebbero incazzarsi.

E a proposito di giramenti e di prese in giro, segnalo il rischio che anche i famosi 80 euro in busta paga si rivelino una beffa. Non si tratta del solito scetticismo di chi non ama il premier, ma dell’analisi puntuale di uno che se ne intende e che gli italiani conoscono bene. Vincenzo Visco, il Dracula delle tasse, colui che nel governo Prodi ricoprì l’incarico di viceministro delle Finanze, è un uomo conosce le imposte come le sue tasche e ancor meglio si orienta nel labirinto delle detrazioni. Be’, che ha scoperto il signor Fisco? Semplice: ha calcolato gli effetti della riforma Renzi sulle buste paga, concludendo che gli 80 euro annunciati dal presidente del consiglio rischiano di «affondare nel pantano delle detrazioni». Leggete qui: «L’ennesimo intervento sulle detrazioni, per giunta quelle di una sola categoria (cioè i lavoratori dipendenti, ndr) non può che produrre effetti dirompenti sulla struttura dell’imposta». Parole forti? Non avete ancora letto il resto: «Poiché gli interventi sull’Irpef tendono inevitabilmente a tradursi nell’aumento di una delle detrazioni favorendo sempre i redditi più bassi, il risultato è non solo che per questi redditi aumentano la progressività e il fiscal drag, ma anche che si manifestano fenomeni di in capienza e cioè di detrazioni maggiori dell’imposta lorda per numerosi contribuenti soprattutto con carichi familiari che si collocano negli scaglioni più bassi». Tradotti tecnicismi vuol dire che moltissimi contribuenti cui è stato promesso l’aumento non riceveranno il becco di un quattrino o molto meno di ciò che si attendono. Visco stima che poco meno del 40 per cento dei soggetti in attesa dello sgravio non riceveranno in tutto o in parte il bonus annunciato e perciò conclude che il consenso iniziale nei confronti del premier potrebbe rivelarsi un boomerang.

Perché è vero che Renzi va di fretta e decide cosa fare senza dare retta a nessuno, neanche ai tecnici, ma nella fretta fa anche un po’ di confusione. E, qualche volta, di errori, ma che gli italiani rischiano di scoprire solo dopo le elezioni di maggio. Guarda un po’…

Da Libero, 10 aprile 2014
Twitter: @BelpietroTweet

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