Record di tasse: mai così tante

Nell'ultimo anno pressione fiscale al 43,5% del Pil: solo la Francia peggio di noi in Europa

19 Aprile 2022

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Politiche pubbliche

Gli ultimi dati diffusi dalla Cgia di Mestre sono sintetizzabili in questo modo: in Italia la vera emergenza politica è l’oppressione fiscale. Solo lo Stato francese è più esoso del nostro, il che significa che fino al 6 giugno ognuno deve lavorare per finanziare la spesa pubblica e unicamente dal 7 giugno in poi per la propria famiglia. La cosa è aggravata dal fatto che quella italiana è una società che da tempo non cresce.

In fondo, pure negli anni Cinquanta e Sessanta la pressione tributaria è andata aumentando, ma allora l’economia tirava. Le tasse lievitavano, ma noi si stava sempre meglio, al punto che si è arrivati a crescere perfino del 10% l’anno. In quel periodo, per giunta, chi voleva intraprendere aveva a che fare con poche regole e semplici, mentre ora s’imbatte in una selva normativa che intralcia ogni attività e obbliga molti a emigrare. Lo scenario è dunque completamente diverso.

Nel momento in cui le politiche inflazionistiche delle banche centrali vanno traducendosi in un aumento generalizzato dei prezzi, il persistere di prelievi fiscali così alti comporta la sostanziale impossibilità di operare, competere a livello internazionale, soddisfare i clienti, mantenere i livelli occupazionali. In altre parole, dovrebbe essere chiaro a tutti che se non si procede a un radicale abbassamento delle imposte, l’Italia continuerà a perdere colpi e impoverirsi. Segnali cupi giungono da ogni settore: basti pensare, solo per fare un esempio, che in due anni (nel 2020 e nel 2021) sono stati chiusi ben 7mila bar.

Alle difficoltà derivanti dalle misure adottate per contrastare il Covid-19 oggi s’aggiungono quelle connesse alla guerra, che comporta un ulteriore blocco dei commerci e gravi problemi sul fronte dell’approvvigionamento energetico. Va inoltre sottolineato come il salasso subito da famiglie e imprese quasi mai finanzia attività meritevoli. Poiché sono sottratti alle logiche della concorrenza, i servizi pubblici sono spesso di qualità assai modesta; e anche per questa ragione sarebbe necessario liberare tali settori della vita economica e sociale, riducendo le imposte e lasciando spazio a iniziative premiate dai consumatori.

Ridurre la pressione fiscale è perciò indispensabile, anche se non è semplice. La difficoltà principale non sta in qualche blocco ideologico, né tanto meno nel favore della popolazione nei riguardi dei servizi offerti dallo Stato. L’ostacolo principale è dato dal fatto che attorno alla spesa statale si è costituito un «blocco sociale» schierato a difesa dell’esistente. Vincere questa resistenza è la sfida fondamentale del nostro tempo.

da Il Giornale, 19 aprile 2022

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