Raymond Aron, il liberale realista

L'IBL dedica un denso volumetto in cui si ricostruisce l’intero contributo aronniano alla storia del liberalismo europeo


19 Febbraio 2024

Robinson-La Repubblica

Stefano Folli

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Nel disordine dei nostri tempi il pensiero di Raymond Aron rappresenta ancora oggi, anzi mai come oggi, un’oasi di razionalità. La sua capacità di interpretare i fenomeni della modernità e di collocarli in una prospettiva storica è rimasta insuperata nella seconda metà del Novecento. Un “liberale realista” è la migliore definizione in grado di inquadrare il grande sociologo francese, commentatore e filosofo politico, termini che nel suo caso sono più appropriati del generico e sminuente “politologo”. 

A lui l’Istituto Bruno Leoni dedica un denso volumetto in cui si ricostruisce l’intero contributo aronniano alla storia del liberalismo europeo. E non si tratta di un apporto accademico, un po’ contemplativo rispetto agli accadimenti della sua epoca.

Tutt’altro. Uno dei talenti di Aron era di calarsi fino in fondo nella cronaca, o meglio nel turbinio storico, per ricavarne un’analisi che andava molto al di là della congiuntura. L’estrema chiarezza gli derivava senza dubbio dalla profondità della sua cultura, ma anche dall’abitudine di commentare con stile quasi giornalistico gli eventi sulle testate alle quali collaborava.

L’autore del saggio è Agostino Carrino, giurista e filosofo, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico, Dottrina dello Stato e Filosofia del diritto. Carrino insiste molto sulla particolarità di Aron: l’essere, la sua, “una sociologia eminentemente storica, certo aperta alle ricerche empiriche altrui”. Non a caso egli fu un critico severo del marxismo, ma al tempo stesso uno studioso attento del pensiero di Marx. Una scelta che segna la sua vita. 

Aron e Sartre diventano nel tempo i due poli in cui si articola il pensiero politico francese. La frattura avviene in due momenti. Il primo con l’invasione nazista della Francia. Sartre rimane nella Parigi occupata, Aron si trasferisce a Londra e collabora con De Gaulle. Il secondo è il ‘68. Sartre applaude alla “fantasia filosofica” dei manifestanti, Aron è ancora dalla parte di De Gaulle e delle sue decisioni politiche.

Nemico delle ideologie e di ogni dittatura, Aron è animato, scrive Carrino, da un individualismo classico, “lontanissimo da quello degenerato di oggi, preda dell’ideologia dei diritti dell’uomo, ma di un uomo ridotto a mero consumatore”.

Agostino Carrino, Raymond Aron (IBL Libri, pagg. 165, euro 14)

da Robinson-La Repubblica, 18 febbraio 2024

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