Un rap fra Keynes e Hayek

John Papola premiato dall'Istituto Bruno Leoni

22 Novembre 2023

La Ragione

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Il rap è soprattutto rima, discorso ritmico e linguaggio di strada. È musica «da combattimento», per citare un artista controverso e molto seguito come Eminem, nata nella New York degli anni Settanta all’interno della comunità afroamericana come strumento di protesta e presa di coscienza. Ci si potrebbe chiedere che cosa abbia a che fare il rapping con la teoria del ciclo economico e l’educazione finanziaria. Potrà sembrare singolare, ma qualcosa in comune c’è fin dagli anni della crisi finanziaria mondiale e della successiva crisi economica e del debito sovrano (2008-2012). 

In quel periodo un giovane regista americano di una tv per bambini, John Papola, si mise a studiare economia trovandola assai noiosa. Comprese così quanto fosse necessario utilizzare un linguaggio più vicino ai giovani per veicolare messaggi difficili: nacque la prima rap battle economica fra Keynes e Hayek di EconStories, un progetto che si propone di spiegare in modo semplice e intuitivo l’economia e le sue teorie. Pochi giorni fa quel dissing (da disrespecting, “voler mancare di rispetto” in slang afroamericano, in pratica una sfida a singolar tenzone musicale) è stato tradotto dall’Istituto Bruno Leoni che ha assegnato il suo premio annuale proprio a John Papola con questa motivazione: «Aver contribuito a fare avanzare le idee della libertà individuale, del mercato, della libera concorrenza». 

Papola ha accettato il riconoscimento con un bellissimo discorso sulla libertà e sul grande economista liberale viennese: «Il messaggio di Hayek ci parla di libertà e di umiltà e questo è molto potente. La libertà è difficile. La libertà fa paura. Ma la ragione per cui è essenziale è che non sapete di cosa siete capaci, nessuno di noi lo sa. Hayek l’ha capito e l’ha chiamato “problema della conoscenza”: se vogliamo conservare il liberalismo e la libertà, dobbiamo abbandonare il desiderio di essere protetti». 

Ed essere informati. Sì, perché le persone con basse competenze finanziarie pagano commissioni più alte, ottengono prestiti a condizioni peggiori e fanno rendere meno i propri risparmi. Lo documenta una serie di studi sul ruolo sociale dell’educazione economica. Insomma, l’ignoranza si paga e l’educazione economica dovrebbe cominciare da giovani. Non solo: formare anche i docenti avrebbe il doppio effetto di incrementare le loro competenze in ambito finanziario e metterli in grado di fornire agli alunni gli elementi di financial literacy

Da anni i Paesi anglosassoni (Regno Unito, Nuova Zelanda, Australia) hanno inserito l’educazione finanziaria nei programmi scolastici. Più di recente anche il Portogallo l’ha resa obbligatoria nelle scuole. In Italia esistono due disegni di legge che puntano a introdurne l’insegnamento nelle scuole primarie e secondarie per 33 ore annuali. Nelle more del lento iter legislativo italico, si potrebbero esplorare strade più creative: sul canale YouTube dell’Ibl sono disponibili i due rap nella versione italiana, con Keynes che canta «In un mondo incerto si deve intervenire e questo solo lo Stato può garantire» e Hayek che risponde «Una cosa la so, è quanto poco sappiamo, il mondo è complesso, non lo prevediamo; l’economia non finisce con i tuoi manuali, non la puoi imbrigliare, meglio che lasci stare».

da La Ragione, 22 novembre 2023

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