Proteggere il bene comune vale persino una tassa

Perché nessun pasto è gratis

6 Luglio 2017

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Con l’avviarsi della stagione turistica estiva, si sono riaperte le polemiche sulle decisioni di questo o quel sindaco orientato a limitare la presenza dei turisti «mordi e fuggi» e, più in generale, a introdurre qualche forma di pagamento per chi accede alle spiagge o ad altri spazi. Può sembrare che simili scelte amministrative limitino la libertà dei singoli, ma non è così. In effetti, se è vero come si ripete spesso che «nessun pasto è gratis», è egualmente vero che ogni servizio reso da questa o quella comunità implica costi di vario tipo. E così come non vi è nulla di strano nel fatto che un turista (quando va in hotel) è chiamato a pagare una tassa di soggiorno, si può analogamente immaginare che sindaci chiamati a tenere in ordine le strade, i parchi e le coste chiedano anche a chi si reca qualche giorno nel suo comune di dare il proprio contributo per le spese. Sul piano culturale, va sottolineato come le iniziative dei vari amministratori sottraggano gli spazi comunali dall’indistinto «settore pubblico», facendo di essi realtà condominiali: beni posseduti primariamente dalla cittadinanza. Ed è anche comprensibile che, dinanzi a turisti che in certi casi rischiano di peggiorare la qualità della vita dei residenti, ci si chieda fino a che punto «il gioco valga la candela». Se a Venezia si ragiona sull’ipotesi di un biglietto d’ingresso, è perché una popolazione residente di 55 mila abitanti fa fatica a reggere l’urto di oltre 100 mila visitatori al giorno: una massa che porta ricchezza, da un lato, e che al tempo stesso complica la vita, dall’altro.

Non si tratta soltanto di redistribuire gli oneri per ragioni di giustizia, ma pure di comprendere quale sia l’utilizzo migliore dei beni condivisi. In questo senso sarebbe importante che gli amministratori – si tratti del piccolo comune ligure o di una città assai più complicata quale è Venezia – fossero più chiari nell’indicare l’impiego delle risorse versate dai turisti. Perché è bene che le entrate siano davvero al servizio degli interessi dei cittadini residenti, da considerare sempre più quali comproprietari del comune stesso. In molti casi, la soluzione più corretta dovrebbe essere quella di consegnare le risorse (con una sorta di imposta negativa) a tutti gli abitanti. Questo dovrebbe avvenire, in particolare, dinanzi a tasse locali sui turisti che mirino a ridurre gli afflussi quando i visitatori finiscono per non rendere vivibile la città. Se un abitante non può passeggiare liberamente a causa dell’invasione dei vacanzieri, è giusto che i soldi incassati siano destinati a lui, a compensazione del danno subito. Non per distruggere il turismo, ma per remunerare «proprietari» che non vanno dimenticati e penalizzati.

Da Il Giornale, 6 Luglio 2017

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