Proroga ai balneari il gioco delle tre carte

Dopo essersi visti bocciare una prima proroga, il governo ha deciso di riprovare a prorogare le concessioni ai balneari

5 Settembre 2024

La Stampa

Serena Sileoni

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

Nuovo giro di giostra per le concessioni balneari. La misura di riordino del governo composto dai partiti più compiacenti alle ragioni dei balneari, e che vede tra l’altro tra i suoi componenti una imprenditrice del settore, non è un grande esercizio di fantasia. I punti cardine sono due, entrambi di gran lunga scontati: una proroga generalizzata delle concessioni attuali al 30 settembre 2027 e una residuale al 31 marzo 2028 in presenza di «oggettive difficoltà» (sic!) nel fare le gare; l’indennizzo per i concessionari uscenti.

I tentativi di proroga si sono già ampiamente scontrati con la giurisprudenza amministrativa e costituzionale, oltre che con le istituzioni europee. Il fatto che i Comuni, in base a questa proposta, possano comunque anticipare le gare può aver rassicurato solo in parte la Commissione e di certo non rassicura la Corte di giustizia, oltre che i tribunali amministrativi italiani. Dalle note sentenze del Consiglio di Stato del 2021, le sentenze escono ormai come da una rotativa contro il sistema delle proroghe. L’indennizzo, invece, è un punto fermo di ogni tentativo di riordino. Il riconoscimento al concessionario uscente di una somma di denaro corrispondente al valore residuale degli investimenti e dell’azienda è un principio pacifico e accolto anche da governi che i sindacati dei balneari hanno sempre considerato come «nemici». Non si tratta di un risarcimento per il fatto di aver perso la gara, ma di un diritto mai contestato la cui quantificazione dipende però dai criteri di valutazione dell’attività, al punto tale da poter essere, per astratta ipotesi, non dovuto. Nella proposta del governo Meloni, questi criteri sono demandati a un decreto ministeriale.

È indicativo della difficoltà del governo a trattare la materia il fatto che, dopo due anni di meditazioni, sia riuscito a proporre un riordino basato su due elementi scontati, di cui uno palesemente illegittimo. In particolare, la scelta di insistere sulla proroga suggerisce, ancora una volta, il gioco delle parti. E persino diventato noioso ribadire che le proroghe sono contrarie al sistema giuridico euro-nazionale. Eppure, l’esecutivo Meloni, dopo aver fatto infrangere una prima proroga davanti al Consiglio di Stato, ci prova ancora. Non che a Palazzo Chigi o al ministero delle Infrastrutture non lo sappiano. Però la politica ha una sua razionalità che la razionalità comune non conosce. In quei palazzi, devono aver pensato che a loro conviene ancora raccontare ai concessionari balneari la favola della colpa degli altri (colpa dell’Europa, colpa del signor Bolkestein, colpa dei Tar, del Consiglio di Stato, della Corte costituzionale) come hanno fatto per tanti anni dall’opposizione, piuttosto che dimostrare di essere entrati nell’età adulta di governo e svelare che Babbo Natale non esiste.

Nel gioco delle parti, il copione è presto scritto: il Consiglio dei ministri approva. Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti tarderà a emanare il decreto necessario per stabilire gli indennizzi. Il governo avrà quindi modo, anche di fronte a una Commissione europea ancora in formazione e quindi debole per definizione, di raccontare di aver fatto la sua parte. Se qualcosa dovesse andare storto presso la giustizia amministrativa o quella europea, il governo avrà comunque guadagnato qualche mese di respiro di fronte alle rivendicazioni dei sindacati dei balneari. Soprattutto, potrà continuare a raccontare loro la favola di aver fatto il possibile per proteggerli, come quei padri che per proteggere i figli negano la realtà impedendo loro di crescere e di vederla per quel che è. Una realtà, per i balneari, già ora composta di caos, con i Comuni più avveduti che hanno già avviato le gare, pur senza un quadro regolatorio rassicurante sui criteri di indennizzo e le modalità di gara, e altri che nicchiano. Anziché le gare future, i concessionari dovrebbero temere l’incertezza presente, che dipende proprio dal traccheggiare del governo e dalla sua attitudine a non trattare il settore con la adulta serietà che ogni settore economico merita.

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