23 Dicembre 2025
Il Tempo
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Economia e Mercato
Intervistato da Il Tempo, l’economista Nicola Rossi ha sviluppato un’analisi realistica sulle prospettive economiche italiane, sottolineando che i problemi di finanza pubblica non hanno possibilità di essere affrontati se non si inizia a crescere davvero. Un vero sviluppo, che vada oltre modesti decimali, esige però una coraggiosa riduzione delle imposte e dei vincoli normativi.
Quest’ultimo punto è decisivo, perché va sempre tenuto presente come il nesso tra tasse e regole sia assai stretto. Al riguardo, solo a titolo d’esempio, è sufficiente ricordare che se in larga parte d’Europa (in Germania, ad esempio) la stipula di un contratto di locazione è assai più semplice che in Italia (in particolare, non è necessario depositare il contratto in un registro pubblico) il motivo sta nel fatto che fuori dai nostri confini lo Stato non è interamente dominato dall’ossessione d’intercettare il tributo dovuto, connesso a ogni transazione.
Numerosi appesantimenti burocratici italiani, insomma, discendono proprio dalla necessità di raccattare soldi: il debito chiede entrate crescenti e queste ultime moltiplicano la burocrazia. Quello che lo Stato ottiene evitando qualche marginale evasione è però ampiamente compensato, in negativo, da quanto si perde aggravando famiglie e imprese di inutili oneri che ostacolano la crescita.
Si deve allora procedere sui due fronti, eliminando imposte e burocrazia, ma tutto questo esige una precisa scelta di campo. Sul tema Rossi è chiaro: bisogna puntare sul settore privato.
Provando a tradurre il tutto in una strategia d’azione questo vuol dire che l’attuale maggioranza, che ovviamente pesca qualche consenso anche nel pubblico impiego (dove, però, è maggioritaria l’opposizione), dovrebbe avere il coraggio di adottare una linea che premi chi lavora per un’impresa privata o ha una partita Iva, rispetto invece a chi dispone di un «posto fisso».
In genere i politici vogliono piacere a tutti: è comprensibile. Il più delle volte, però, è un errore, perché in questo modo si rischia di non piacere a nessuno. I partiti del centro-destra, per giunta, devono essere consapevoli che c’è una vasta area di elettori potenziali che da tempo diserta le urne: senza dimenticare che questi cittadini in larga misura si collocano proprio in quel mondo di lavoratori e imprenditori su cui sarebbe proprio necessario scommettere.
In fondo, negli Stati Uniti – dove l’assenteismo elettorale è di più antica data – la lezione è ben chiara da tempo. Non vince più chi conquista l’elettore moderato, ma invece chi sa mobilitare la propria platea di riferimento. Sposare il privato, allora, non solo è necessario sul piano economico (per dare un futuro agli italiani tutti), ma anche razionale sul piano politico.