Pnrr, il governo si prepari a utilizzare i poteri sostitutivi per il bene del Meridione

Rossi: non vedo alcun segnale che mi faccia pensare che le cose andranno diversamente da quello che è successo negli ultimi 25 anni

16 Aprile 2022

Corriere del Mezzogiorno

Argomenti / Politiche pubbliche

«Al momento non vedo alcun segnale che mi faccia pensare che le cose andranno diversamente da come sono andate negli ultimi 25 anni. Ad ogni modo, nel Sud, il meccanismo potrebbe funzionare se il governo non indugerà nel ricorrere ai poteri sostitutivi al primo caso di inefficienza che si presenta». Così Nicola Rossi, sul Pnrr.

Nelle prime due puntate di Visti da Nord (pubblicate sul Corriere del Mezzogiorno sabato 2 e sabato 9 aprile scorsi, ndr) abbiamo parlato — con Stefano Caselli (economista e prorettore dell’Università Bocconi) e Mario Abbadessa (responsabile per l’Italia di Hines) — di potenzialità e prospettive positive per Napoli e il Meridione, seppure da un’angolazione critica. Eppure l’attuazione del Pnrr, per l’importanza che assume come una sorta di sfida finale per questo territorio ma anche per tutta l’Italia che ha scommesso sul suo successo, merita un dibattito pubblico in cui possano trovare spazio tutti i dubbi, anche quelli più scomodi.

Nicola Rossi — economista di formazione liberista (Università di Roma Tor Vergata e già presidente dell’istituto Bruno Leoni) — ne esprime alcuni in modo schietto. «Al momento, non vedo alcun segnale che mi faccia pensare che le cose andranno diversamente da come sono andate negli ultimi 25 anni — dice Rossi, che il Sud lo conosce bene visto che è pugliese originario di Andria — Qui sta arrivando un fiume di denaro e il mio timore è che gli enti locali che ne sono i destinatari gestiranno la spesa perseguendo più i propri fini elettorali che un obiettivo di sviluppo».

Il sospetto è che i vecchi vizi delle amministrazioni pubbliche — inefficienza, incapacità di progettazione, spreco di risorse — non siano mai scomparsi e potrebbero rovinare tutto.

«Secondo me un errore del Piano è stato quello di affidarsi a Comuni e Regioni per la spesa quando, invece, i problemi del Mezzogiorno sono dovuti a cause sovraregionali. Mi riferisco soprattutto alla carenza di infrastrutture su cui andrebbero concentrati tutti gli investimenti pubblici possibili. Ad ogni modo — prosegue — il meccanismo potrebbe funzionare se il governo non indugerà nel ricorrere ai poteri sostitutivi al primo caso di inefficienza che si presenta». Rossi fa riferimento alla possibilità che l’esecutivo ha, in virtù della governance del Pnrr, di sostituirsi ai soggetti locali per superare eventuali impasse nella spesa dei fondi o in generale nell’attuazione delle iniziative.

«Per come la vedo io — riprende — è un potere che andrebbe esercitato alla prima occasione, per mettere subito le cose in chiaro. Deve passare il concetto che l’inefficienza verrà sanzionata».

Non pensa che il capo del governo Draghi sia stato abbastanza chiaro quando ha detto che il governo non tollererà infiltrazioni mafiose? «Può sembrare strano, ma la criminalità è un fattore che mi preoccupa meno della scarsa preparazione di una classe dirigente, che salvo rare eccezioni, non ha mai dato prove brillanti nella spesa pubblica e nulla mi fa pensare che qualcosa sia cambiato». Giudizio molto severo, ma Rossi non si fa problemi a indossare i panni del grillo parlante, ad assumere quel ruolo di coscienza critica al quale in questo preciso momento in tanti sfuggono per motivi di opportunismo. Diciamo la verità, i dubbi dell’economista sono molto diffusi, a Nord ma anche nello stesso Mezzogiorno, e a vari livelli, solo che se ne parla poco, quasi a scongiurare che sugli schermi possa andare in onda un film già visto.

La scommessa è enorme: «Qui ci sono in gioco i soldi dei contribuenti europei e il Mezzogiorno deve prendere consapevolezza che ha sulle spalle una grande responsabilità perché dall’efficace attuazione del Pnrr dipende il suo contributo al Pil del paese per i prossimi anni. Contribuito di cui c’è grande necessità visto che il nostro già pesante debito pubblico è lievitato ulteriormente e che per essere sostenuto deve confrontarsi con un ritmo di crescita economica che sia almeno pari al 2,5-3 per cento all’anno. È una sfida non da poco perché negli ultimi venti anni l’Italia è cresciuta in media dello 0,5 per cento, con un contributo da parte del Sud molto scarso se non negativo. Questo deve cambiare altrimenti tutto il paese andrà a sbattere».

Dal Corriere del Mezzogiorno, 16 aprile 2022

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