Perché non serve il Ponte sullo Stretto

Per essere conveniente dovrebbe aumentare il flusso di traffico nei prossimi decenni


15 Gennaio 2024

Affari & Finanza – la Repubblica

Francesco Ramella

Research fellow, IBL e docente di Trasporti, Università di Torino

Argomenti / Politiche pubbliche

Reddito pro-capite e popolazione sono le due variabili più importanti nel determinare il livello complessivo di mobilità di un Paese. Ne abbiamo un chiaro riscontro nel 20° Rapporto sulla mobilità degli italiani di Isfort. A partire dal 2000, la domanda di trasporto in Italia risulta in declino. Dopo il crollo nel 2020 per il Covid e, in misura più contenuta nel 2021, il numero di spostamenti nel 2022 si è attestato poco sotto i 100 milioni di unità a fronte di 126,2 milioni a inizio secolo. I chilometri percorsi sono diminuiti da 1,2 a 1,07 miliardi.

La pandemia, lungi dal segnare un punto di svolta in termini di ripartizione modale a favore dei trasporti collettivi e degli spostamenti a piedi e in bici, ha determinato un rafforzamento della domanda soddisfatta dall’auto, che nel 2022 è risultata pari al 70% del numero di viaggi e all’80% delle distanze percorse. Il calo demografico comporterà nei prossimi anni un’ulteriore contrazione degli spostamenti. A scala nazionale Isfort stima una riduzione del 3% al 2030; nelle regioni meridionali è prevista una diminuzione più che doppia rispetto alla media nazionale.

La tendenza sarà più accentuata per gli spostamenti degli studenti (-6%) e in particolare per quelli in fascia di età compresa tra i 14 e i 19 anni: la flessione attesa per quest’ultimo segmento di domanda è pari all’8,5%.

Non sembra che tali dati siano tenuti nella giusta considerazione da parte di chi ha la responsabilità delle decisioni di spesa pubblica per i trasporti. È infatti largamente diffusa la convinzione che servano più infrastrutture, soprattutto più ferrovie e maggiore offerta di servizi di trasporto collettivo. Nuove opere e migliori servizi generano un limitato incremento della mobilità ma questo fattore non è di solito sufficiente a giustificare un potenziamento dell’offerta.

Un caso di attualità è quello del ponte sullo Stretto di Messina la cui realizzazione sarebbe conveniente solo in presenza di flussi di traffico in crescita nei prossimi decenni. La realtà è opposta: il numero di veicoli traghettati tra Sicilia e Calabria è pari a 2,5 milioni contro i 4 di trenta anni fa e un’inversione di tendenza non è immaginabile nel medio periodo.

Analogamente, nel trasporto pubblico la maggior parte dei servizi è già oggi utilizzata molto al di sotto della capacità disponibile: negli autobus in media viene occupato solo un posto ogni quattro disponibili (uno ogni sei per i collegamenti extraurbani). In questo scenario le priorità dovrebbero essere rendere più efficienti ed efficaci i servizi e garantire un’adeguata manutenzione delle infrastrutture esistenti. Spendere per potenziare un’offerta che risulterà sovradimensionata rispetto alle esigenze è una ricetta che rischia di accelerare il nostro declino a causa del maggior prelievo fiscale e/o debito generato.

da Affari & Finanza – La Repubblica, 15 gennaio 2024

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