Nucleare indispensabile ma la strada è in salita

Il passaggio al nucleare sarà indispensabile per raggiungere gli obiettivi UE ma anche perché l'energia in Italia continuerà a costare di più

22 Maggio 2025

La Prealpina

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi IBL

Argomenti / Politiche pubbliche

Indispensabile. È così che gli industriali, a Varese ma anche lungo tutto lo Stivale, descrivono il ritorno al nucleare come strumento per combattere i costi dell’energia. Addio tabù, dunque, per una produzione energetica che nel nostro Paese ha avuto un percorso particolarmente travagliato. Ha davvero senso pensare, oggi, di tornare al nucleare? «Io direi di sì – spiega Carlo Stagnaro, direttore delle ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni – Se vogliamo decarbonizzare l’economia, servono fonti di energia a basse emissioni e in grado di fornire energia nel tempo. Dobbiamo però essere realisti e vedere cosa sta succedendo in Europa e nel nostro Paese».

Il mismatch italiano

A livello europeo è innegabile che qualcosa si stia muovendo. La proposta più concreta arriva dalla Francia, dove le centrali nucleari funzionano a pieno ritmo: aggiungere anche il nucleare accanto alle rinnovabili per gli obiettivi Ue del 2030. «La Germania ha già fatto una apertura in tal senso – spiega Stagnaro – Se così fosse cambierebbe tutto, perché significherebbe tornare a investire sul nucleare». Certo l’Italia appare un passo indietro. «Il ministero dell’Ambiente ha depositato una proposta di legge per mettere le fondamenta necessarie alla ripresa del nucleare – prosegue il direttore – ma non è stata ancora approvata dal consiglio dei ministri. Fatto questo passo, deve passare anche in Parlamento. Alla fine della legislatura mancano due anni: possiamo dire che tre li abbiamo già persi». E così, dopo una campagna elettorale in cui il nucleare è stato spesso nei discorsi dei candidati, la realtà riporta a un grande mismatch tra ciò che chiedono le imprese, ciò che dice la maggioranza senza concretizzare i progetti, e le opposizioni ferme sul loro no alle centrali. Tra l’altro, costruire e attivare una centrale nucleare richiede investimenti importanti e tempi lunghi. «C’è un altro elemento che va tenuto in considerazione – prosegue Stagnaro – Bisogna essere in grado di gestire i rifiuti nucleari. Da anni si attende un deposito unico in Italia per la gestione dei rifiuti nucleari, ad esempio ospedalieri. Se non si parte dal deposito, non si può pensare a una centrale».

Costretti alla resa?

Gli appelli, dunque, cadranno nel vuoto, con le aziende costrette ad arrendersi di fronte alle bollette energetiche?

«Le aziende possono agire cercando di apportare miglioramenti ed efficientamenti che consentano di risparmiare in bolletta. E possono anche pensare ad eventuali investimenti all’estero con contratti che ovviamente garantiscano la fornitura nel tempo. Però è vero che i costi dell’energia restano un vincolo insuperabile. Aiuti possono venire dalla politica, con scelte finalizzate a minimizzare l’impatto dei costi. Penso ad aiuti verso le famiglie a basso reddito e a quelle imprese energivore che sono esposte alla concorrenza internazionale, perché il costo energetico può essere davvero un ostacolo alla competitività». E ci vorrebbe anche una buona dose di semplificazione. «Penso soprattutto alle rinnovabili – prosegue il direttore delle ricerche dell’istituto Leoni – Autorizzazioni, ricorsi e contro ricorsi, divieti e proteste significano costi in termini di carta e tempo. Tra l’altro va tenuta in considerazione anche la strana conformazione del nostro Paese. Ovviamente il massimo potenziale delle rinnovabili è a Sud, ma le imprese energivore sono in gran parte al Nord. Viviamo in un Paese meraviglioso, che però continuerà ad avere costi energetici mediamente superiori agli altri Paesi».

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