Nicola Rossi: perché è giusto puntare sulla semplificazione e sui crediti d’imposta

La Zes Unica e i crediti d’imposta sono l'unica via per rilanciare il Sud con semplificazione e investimenti

3 Novembre 2025

Il Corriere del Mezzogiorno

Nicola Rossi

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

«Abbiamo buttato 30 anni appresso alle dolci follie, torniamo ora finalmente a ciò che aveva funzionato e sta funzionando». Parola dell’economista Nicola Rossi, che esprime con chiarezza il suo parere sulla manovra del Governo per il Sud.

Come giudica le misure per il Mezzogiorno della legge di Bilancio?
«La conferma della Zes Unica anche oltre il 2026 è il punto decisivo. Si sancisce il principio che tale strumento, sia sotto il profilo della semplificazione amministrativa che della incentivazione degli investimenti, è l’architrave dell’intervento di politica regionale. Chiudendo un trentennio di politiche sconsiderate, nate proprio quando si decise lo stop al credito d’imposta per il Mezzogiorno, che ora viene ripreso. In più, rispetto a quella modalità, c’è l’idea della semplificazione amministrativa che è potentissima. Sarebbe opportuno che tutte le Regioni e gli enti locali meridionali capissero il senso di quest’iniziativa, senza sentirsi espropriati di competenze, nel momento in cui un’autorizzazione è decisa a Roma».

Oltre questo segnale, ne vede altri importanti?
«Ne vedo un secondo per il Sud anche se non è nella manovra. Ma è contestuale. L’affermazione del ministro Giorgetti quando dice che la Banca del Mezzogiorno ormai fa utili, per cui potremmo metterla sul mercato. È molto importante in un Meridione che non ha mai guadagnato molto dal sistema bancario esclusivamente statale. Un allargamento degli spazi del privato anche in questo campo è davvero positivo».

Da cos’altro trae vantaggio oggi il Sud?
«Da una stabilità dell’intero Paese, per cui una legge di Bilancio prudente e orientata a mantenere la stabilità ha effetti dappertutto».

Professore, ci sono anche elementi non positivi?
«Più che nella legge di Bilancio li cercherei altrove. Le nuove procedure Pnrr che si auspica essere estese alla politica di coesione. Esse ridefiniscono il ruolo delle Regioni, anche depotenzionandolo, ma così si spende. Forse è il caso che si rendano conto che anche queste si giovino di procedure che funzionano, rispetto a un passato in cui le politiche di coesione non hanno funzionato».

Che ne pensa del riferimento in manovra ai Lep che rimanda all’Autonomia Differenziata?
«L’Autonomia Differenziata dovrebbe avere segni opposti in diverse parti del Paese. Non nego che ci siano regioni del Centro Nord che potrebbero essere in grado di fare più di quanto fanno oggi. Però è altrettanto possibile che nel Sud la dimensione corretta sia sovraregionale: il Pnrr è una chiara dimostrazione di ciò. Napoli-Bari, la Jonica, sono sovraregionali. L’Autonomia Differenziata dovrebbe essere colta dalle Regioni meridionali per garantire un maggiore coordinamento».

A cosa potrebbe servire questo coordinamento?
«Certamente non una cosa a me, un’altra a te. Ma un’allocazione ottimale delle iniziative. Ciò implica presidenze regionali, e stiamo per rinnovare le due più importanti del Sud, in grado di guardare oltre la propria e di ragionare in termini dell’intero Mezzogiorno».

Ciò postula una diversa classe dirigente meridionale.
«La classe dirigente non viene da Marte. Uno dei canali di selezione al Sud sono state le sciagurate politiche degli ultimi 30 anni. Spingendo verso la formazione di classi dirigenti il cui unico slogan era “vi porto i soldi”. La Zes unica, che porta con sé una certa disintermediazione, è anche uno stimolo verso classi dirigenti più capaci di fare politiche a un livello più alto».

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