Dopo la recessione senza precedenti conseguente alla pandemia, il rimbalzo dell’economia italiana è maggiore di quanto il Governo aveva previsto nel Documento di economia e finanze (Def) della primavera scorsa. Il ritorno ai livelli di attività produttiva pre-pandemia è ora previsto per la prima metà del 2022.
Nella Nadef, la nota di aggiornamento del Def, il Governo ne prende atto. La migliore dinamica del Pil ha effetti positivi sulle entrate fiscali e riduce le uscite legate a varie misure di sostegno. Di conseguenza quest’anno i conti pubblici andranno meglio – sarebbe più corretto dire che andranno meno male – di quanto era stato prospettato.
In Italia e non solo, questa ripresa ciclica effervescente comincia a far emergere nell’economia segnali di surriscaldamento: aumento dei prezzi, in particolare quelli alla produzione, carenze nell’offerta di alcuni beni intermedi, prime tensioni sul mercato del lavoro.
In situazioni simili i libri di testo suggeriscono di manovrare in senso restrittivo il bilancio pubblico, riducendo il deficit. Tanto più in un Paese sulle cui spalle grava un livello del debito che ha pochi precedenti nella storia.
Ma Mario Draghi, che da banchiere centrale ha ampiamente praticato politiche monetarie “non convenzionali”, vara con la Nadef una politica di bilancio altrettanto non convenzionale. E nel documento si legge che “l’intonazione della politica di bilancio resterà espansiva fino a quando il Pil e l’occupazione avranno recuperato non solo la caduta, ma anche la mancata crescita rispetto al livello del 2019. In base alle proiezioni aggiornate, si può prevedere che tale condizione sarà soddisfatta a partire dal 2024”.
Sembra un azzardo. L’aggiustamento di bilancio viene rinviato a dopo il 2024; quando è probabile che un livello più elevato dei tassi d’interesse acuirà i problemi di sostenibilità del debito italiano; e quando la fase ciclica internazionale potrebbe essere meno favorevole, rendendo più penosi gli effetti di una restrizione di bilancio.
La scommessa è che le misure espansive messe in atto da qui al 2024 siano in grado di accelerare la velocità di crociera dell’economia italiana. E che, con una crescita di medio-lungo periodo più sostenuta, il riequilibrio del bilancio possa avvenire senza varare, neanche dopo il 2024, manovre restrittive dolorose.
È certo che il Parlamento seguirà Draghi nella sua scommessa. In fondo la politica preferisce sempre aver più soldi da spendere. Che almeno chieda al Governo di prevedere un safety-net, una rete di protezione che riduca i rischi della scommessa. Che tutte le misure espansive inserite nel prossimo bilancio siano concentrate nella spesa per investimenti e nella riduzione delle imposte. Entrambe facilmente reversibili nel caso le cose dovessero volgere al peggio. E quindi ogni maggiore spesa corrente necessaria – già se ne annunciano in materia di sanità e di difesa – sia finanziata con la riduzione di altre spese della stessa natura. Se azzardo deve essere, almeno prevediamo un meccanismo di stop-loss.
5 ottobre 2021