Javier Milei, il profeta presidente alla prova: un genio o un pazzo?

Il più strutturato dei leader in azione (e non è di destra)


9 Febbraio 2024

Sette – Corriere della Sera

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Che cosa avrebbe fatto Cassandra, se le avessero dato retta? Il 19 novembre scorso, Javier Milei ha vinto le elezioni in Argentina, battendo, col 56% dei voti, Sergio Massa, il ministro del tesoro uscente. Solo un paio di anni fa nessuno avrebbe scommesso nemmeno un inflazionatissimo peso su di lui. 

Per molti la politica è una carriera, una lunga scala da risalire, gradino per gradino, fino ad arrivare al potere. Ma ci sono, per quanto siano in pochi, dei politici di tipo diverso, figure che più che il potere cercano un pulpito, convinte di predicare non per l’oggi ma per il dopodomani. Negli Usa, politici-profeti sono stati Ron Paul o Bernie Sanders. In Italia, Marco Pannella. Anche Javier Milei era un profeta prestato alla politica. 

Per anni, prima da commentatore e poi da deputato, ha battuto sulla crisi fiscale dello Stato, sull’eccesso di spesa, sul rischio di bancarotta che si profilava all’orizzonte. Nell’Argentina dell’inflazione al 140%, Cassandra è stata eletta Presidente. I suoi vaticini non erano improvvisati. I principali riferimenti intellettuali di Milei appartengono alla scuola austriaca dell’economia (così chiamata perché i suoi principali esponenti, al giro di boa del Novecento, erano viennesi). 

Milei intende il ciclo economico come il risultato delle manipolazioni della moneta: il “denaro facile”, stampato con troppa generosità dalle banche centrali, inquina i calcoli degli attori economici, conducendoli a fare investimenti che non avrebbero considerato altrimenti. Dal ricorso al torchio dei biglietti, avrebbe detto Luigi Einaudi, verranno le crisi finanziarie: Milei per anni ha ripetuto la stessa profezia, mentre la banca centrale stampava a tutto spiano per finanziare la spesa pubblica. 

Lo ha fatto con un registro di comunicazione aggressivo, lo stesso al quale per la verità la politica ci ha abituato un po’ dappertutto, da Beppe Grillo a Donald Trump. Eppure per certi versi è il più “strutturato” dei leader contemporanei, formatosi su letture non improvvisate. Non è “di destra”: ha sempre detto che mentre la sinistra vuole impossessarsi del tuo portafoglio, la destra desidera controllare la tua camera da letto. 

Dovendo cercare consenso, l’ha trovato fra i nemici del peronismo, alcuni più liberali altri più conservatori. Nella reazione a politiche anti-Covid molto restrittive, questi gruppi hanno trovato un collante e in Milei un punto di riferimento. Oggi Milei ha una maggioranza parlamentare risicata e può entrare in conflitto con gli alleati dell’ultima ora, gli ex sostenitori del presidente Macri, che pochi mesi fa ricopriva di contumelie. 

È naturale che il candidato che voleva tagliare la piovra del potere a colpi di motosega incontri un’ostilità diffusa. In poco meno di due mesi, la nuova amministrazione ha fatto un aggiustamento di finanza pubblica di circa 3 punti di Pil; messo insieme un decreto di liberalizzazioni che smonta parte dell’apparato corporativo peronista; proposto una legge omnibus che, per quanto stralciata della parte di riorganizzazione del fisco, apre alla concorrenza in molti ambiti dell’economia argentina. 

Di concorrenza c’è bisogno, ha spiegato con grande chiarezza sia nei testi di legge che rivolgendosi direttamente ai cittadini, proprio per contrastare l’inflazione. Di qui, l’apertura dei cieli ad aviolinee alternative a quella statale (che ha proposto ai sindacati di regalare loro, se proprio non ne accettano la privatizzazione) ma anche lo smantellamento del sistema di controllo dei prezzi, a cominciare dagli affitti delle case. Prezzi amministrati, blocco dei fitti e politica dei redditi (aumenti scadenzati e determinati per decisione politica) sono il pacchetto a cui ricorrono i governi interventisti per contenere l’inflazione. Ma non funzionava nell’Europa degli anni Settanta e non funziona neppure nell’Argentina del 2023. 

Prezzi liberi, che riflettano i valori effettivamente percepiti dalle persone, aiutano queste ultime e le imprese a gestire meglio le proprie risorse. La liberalizzazione dei fitti, secondo alcune rilevazioni, sta già facendo aumentare l’offerta. La svalutazione del peso, che veniva tenuto a livelli artificialmente alti a suon di acquisti della banca centrale, lo ha riportato a valori più coerenti con la realtà delle cose e può rilanciare le esportazioni (anch’esse liberalizzate) di un Paese che deve ricostituire le proprie riserve valutarie. 

Quella di Milei è una sorta di operazione verità, ricostruire un’economia di mercato a partire da prezzi non più artificiali. La disintossicazione deve avvenire in tempi brevi. Milton e Rose Friedman, negli anni di Reagan, scrissero un libro sulla «tirannia dello status quo», che riprende forza dopo i primi cento giorni di una nuova amministrazione. Se si vuole riformare davvero un Paese, bisogna dare da subito segnali netti. È probabile che sia uno dei tanti libri letti da Javier Milei.

da Sette – Corriere della Sera, 9 febbraio 2024

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