3 Luglio 2025
La Provincia
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Negli scorsi anni l’accesso ai corsi universitari di medicina è stato regolato da test che, comprensibilmente, hanno suscitato una serie di contestazioni: sia nel dibattito pubblico, sia nei tribunali.
Le domande vertevano per lo più su logica, matematica, biologia, chimica e fisica, ma si rivolgevano a studenti che in qualche caso – se fino ad allora avevano privilegiato le materia umanistiche, ad esempio – potevano essere privi di quelle conoscenze specifiche: il che non significa, però, che non potessero diventare ottimi medici.
Ora si volta pagina. La riforma non mette in discussione l’accesso limitato, ma individua nuove regole per la selezione. In sostanza avremo un semestre ad accesso libero, con corsi biologia, chimica e fisica. Al termine di questo periodo avremo la selezione e chi non riuscirà a superare questa prova, e quindi non accederà al secondo semestre di medicina, potrà ripetere il semestre oppure optare però per quei corsi ad accesso libero (da Biologia a Farmacia, da Biotecnologie a Chimica), utilizzando i crediti del primo semestre.
Certo tutto è perfettibile, ma non vi è il minimo dubbio che questo cambiamento non porti un po’ di ragionevolezza: non solo perché la selezione sarà più affidabile, ma anche perché questo semestre iniziale non soltanto può migliorare la qualità della selezione, ma può anche aiutare a capire se davvero lo studente intende intraprendere questo percorso oppure no.
Eppure non mancano le critiche. C’è chi sottolinea, forse senza aver compreso i contenuti della riforma, che questo metodo di selezione sarebbe un modo per eliminare il “numero chiuso”. In realtà non è così. Varrebbe invece la pena domandarsi se abbia senso negare a migliaia di giovani questi corsi universitari, per poi dover importare laureati dal resto del mondo. E comunque chiaro che la riforma non apre a tutti, ma si limita a modificare la selezione.
C’è poi chi sostiene che in questo modo i giovani dovrebbero subire uno stress prolungato, dato che avremmo una selezione che esige studio e impegno per tutto un intero semestre. Anche questa, però, non è un’obiezione fondata.
Semmai una difficoltà reale è nel fatto che le università, oggi, non sono sempre attrezzate ad accogliere un numero tanto alto di studenti per il primo semestre. Per fortunale nuove tecnologie – soprattutto dinanzi a corsi di base come quelli previsti – ci danno gli strumenti adeguati per rimediare in larga misura: un adeguato mix tra corsi in presenza e corsi online, in effetti, può aiutare a gestire al meglio la situazione.
Va aggiunto che l’espediente del semestre condiviso da vari corsi delle “scienze della vita” indica la prospettiva di un sistema universitario più flessibile e meglio adattato alle esigenze dei giovani. In effetti, è un po’ come entrare nella logica del “college”: ossia, lasciare che a fianco di università volte alla specializzazione vi siano corsi più formativi, che permettano al giovane di non scegliere immediatamente quale sarà la sua professione, ma che l’introducano progressivamente alle diverse specialità e quindi l’aiutino a optare in modo più consapevole.
La riforma è insomma un piccolo passo, ma nella giusta direzione.