La libertà è una forza che non si fa «chiudere in casa»

Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi analizzano per Marsilio le difficoltà di fronte a cui si è trovata la società occidentale a causa della pandemia

11 Ottobre 2021

Corriere della Sera

Argomenti / Teoria e scienze sociali

I titoli dei libri non sono secondari. Un titolo sbagliato può recare danno a un buon volume. E un titolo indovinato può fare la fortuna di un libretto. Nel caso del saggio di Gilberto Corbellini e di Alberto Mingardi al bel titolo corrisponde l’ottimo contenuto: La società chiusa in casa. La libertà dei moderni dopo la pandemia (Marsilio).

Il titolo, però, sarebbe stato perfetto se fosse stato: La società aperta chiusa in casa. Perché nei due anni dell’epidemia vissuti in casa pericolosamente – tra lockdown, coprifuoco, delazioni, smartworking – ciò che è stato messo sotto sorveglianza non è una tribù o un villaggio o un Paese ma la «società aperta» il cui cuore è il pluralismo delle idee, delle risorse e delle morali e il sistema di continua evoluzione e collaborazione da cui dipendono la crescita dei saperi e le soluzioni dei problemi.

Quindi, la implicita domanda dalla quale son partiti Corbellini e Mingardi è questa: come è possibile che la nostra principale risorsa, ossia la libertà collaborativa, che ci ha permesso in passato di superare le paure del contagio e di uscire dalle chiusure delle società tribali, sia invece diventata il nostro principale problema al punto da chiudere in casa la «società aperta»?

Corbellini studia la storia della medicina ed insegna Bioetica a La Sapienza, mentre Mingardi è uno studioso del pensiero politico, dirige l’Istituto Bruno Leoni e, non ultimo, collabora con il «Corriere». Gli autori si sono divisi i compiti: Corbellini la parte medica, Mingardi la parte sociale. Al terzo autore, cioè al lettore che unisce i puntini che tratteggiano il disegno intero, il compito di mettere alla prova sulla base della sua esperienza di cittadino della «società aperta» la tenuta del discorso di Corbellini e Mingardi che possiamo riassumere così: se c’è una lezione che dobbiamo ricavare dalla pandemia, è che la prossima volta non possiamo chiuderci in casa, ma affrontare il contagio sulla base delle conoscenze cliniche e delle azioni individuali senza regredire in un colpo solo dal XXI al XVII secolo, da Popper a Hobbes.

Proprio Karl Popper nell’opera La società aperta e i suoi nemici dà una definizione efficace della società aperta e, in fondo, della libertà: è la società «nella quale i singoli sono chiamati a prendere decisioni personali». Lo si voglia o no è quanto abbiamo continuato a fare anche chiusi in casa. Ma allora perché rinunciare in modo emotivo e irrazionale alle nostre libertà costituzionali se è proprio da quelle libertà che ci è giunta la migliore risposta medica al Covid, ossia i vaccini?

Tutto il lavoro fatto per i vaccini è il frutto della collaborazione. Ogni vaccino ha bisogno di circa 4-500 componenti per essere realizzato. La società aperta è stata chiusa, ma ha continuato a innovare. Le libertà individuali sono il suo motore, non il suo peso.

dal Corriere della Sera, 11 ottobre 2021

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