La legge sulla beneficenza trasparente? C'è già

Non serve un altro Registro (che può diventare un boomerang)


26 Febbraio 2024

L'Economia – Corriere della Sera

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Destra e sinistra in Italia sono più simili di quanto si creda. L’una e l’altra ritengono che, ogni volta che c’è un problema, sia necessario fare una nuova legge per risolverlo. E se anche il problema non c’è, tanto vale legiferare lo stesso. Lo scorso dicembre, è esplosa nel Paese l’indignazione per l’affaire Balocco: il messaggio sull’entità della donazione corrisposta all’ospedale Regina Margherita di Torino per il pandoro sponsorizzato da Chiara Ferragni non era coerente. L’Antitrust ha sanzionato sia le società dell’influencer milanese che la Balocco per pratiche commerciali scorrette, evidentemente sulla base di norme che esistono già. L’opinione pubblica ha punito Ferragni a modo suo: in quindici giorni ha perso oltre 150 mila follower. Per la Balocco, un consumatore diffidente è un consumatore che compra un altro pandoro. E’ stato fatto ricorso e vedremo quindi se emergeranno altri elementi.

Per ora possiamo dire che un messaggio ambiguo è stato penalizzato sia dalle Autorità che dai consumatori/follower. Veramente serve un’altra legge? L’onorevole Mulé (FI) ha presentato una proposta per istituire un Registro unico delle erogazioni liberali, in forma digitale e accessibile (ça va sans dire), presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel preambolo Mulè tuona che tutt’oggi non c’è l’obbligo di «fornire alcuna informazione in merito alle donazioni effettuate spontaneamente da una persona fisica in favore di associazioni di volontariato o più in generale nei confronti di soggetti attivi in ambito sociale». Sarebbe «un vulnus in merito al quale è necessario intervenire al fine di assicurare innanzitutto il rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza dell’informazione nei rapporti tra sostenitori, benefattori e cittadini».

Chissà se almeno qualcuno fra i suoi colleghi ha avuto lo spirito di chiedergli: ma perché? Lasciamo perdere gli oneri che questa trasparenza imporrebbe agli enti non profit (tutte le donazioni sopra i 500 euro andrebbero notificate, con qualcuno che impiega tempo e risorse per farlo). Alla destra converrebbe considerare che molte cause care ai conservatori oggi sono tutto fuorché popolari e un albo delle donazioni potrebbe danneggiarle. Chi donasse quattrini a certe associazioni cattoliche ostili alle correnti dominanti in tema di aborto o gender per esempio, rischierebbe la pubblica gogna, via registro di Palazzo Chigi.

La questione è semplice. Chi dona del proprio non è un ente pubblico, obbligato a dire come spende il denaro dei contribuenti. Quei quattrini sono suoi o non lo sono. E se sono suoi ha tutto il diritto di darli a Save the Children o Emergency così come al negozio di Prada per comprarsi un cappotto. Attendiamo fiduciosi che un collega dell’onorevole Mulé proponga un registro per l’acquisto di ogni paio di scarpe dal prezzo superiore ai 500 euro. Non è uno scandalo, che i soggetti privati non siano tenuti a fornire informazioni in merito?

da L’Economia del Corriere della Sera, 26 febbraio 2024

oggi, 11 Dicembre 2024, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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