Le dichiarazioni di Renzi e la partita doppia tra Italia e Europa

Nel complesso il trasferimento implicito a favore dei paesi della periferia dell'area dell'Euro (Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna) si è aggirato intorno all'1% del loro PIL.

1 Settembre 2014

IBL

Argomenti / Politiche pubbliche

Al pari di ogni altro essere umano, nessun Presidente del consiglio è onnisciente. Ma ogni Presidente del consiglio dovrebbe avvertire la necessità di basare le proprie affermazioni, se non le proprie decisioni, su una informazione per quanto possibile completa e attendibile.

L’affermazione “l’Italia in questi anni non ha mai chiesto qualcosa, ma ha dato all’Europa più di quello che ha ricevuto” che il Presidente del consiglio ha ripetuto con enfasi in questi giorni è solo parzialmente vera e quindi potenzialmente fuorviante. Tanto più fuorviante in quanto proviene dal Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea.

È certamente vero che l’Italia ha contribuito, con le proprie risorse, ai programmi comunitari che hanno permesso, fra l’altro, di sostenere nel momento di maggiore difficoltà le economie greca e spagnola. Ma questa è solo parte della storia. Sull’altro fronte, quello di ciò che l’Italia ha ricevuto, bisognerebbe tenere conto dei minori oneri per interessi sostenuti dal bilancio pubblico italiano a seguito degli interventi della Banca Centrale Europea (o non è Europa anche quella?). Il Fondo Monetario Internazionale, da qualche tempo una stella polare per la sinistra italiana, ha calcolato recentemente (PDF) che nei sei anni intercorsi fra il 2008 ed il 2013 i trasferimenti impliciti all’economia italiana conseguenti agli interventi della Banca Centrale Europea sono stati pari, in media, a circa 60 miliardi di euro all’anno (qualcosa come quattro punti di prodotto interno lordo all’anno). Una somma largamente eccedente l’entità del contributo italiano (peraltro non a fondo perduto) ai programmi europei (ESM, ESFS, EFSM, Greek Loan Facility) messi in campo nei momenti più acuti della crisi e dei quali, diciamo la verità abbiamo temuto il nostro stesso Paese, a un certo punto, avrebbe dovuto beneficiare. Nel complesso il trasferimento implicito a favore dei paesi della periferia dell’area dell’Euro (Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna) si è aggirato – al netto delle loro contribuzioni – intorno all’1% del prodotto interno lordo di questi paesi.

La Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea è – ormai lo abbiamo capito – poco più che un orpello. E quindi dal Presidente di turno non è lecito aspettarsi nulla di particolare. Forse però un po’ di prudenza, quando si addentra in questioni complesse, non sembrerebbe poi troppo. O no?

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