La Manovra non è Babbo Natale

Una Manovra prudente, non punitiva: per crescere servono meno tasse, più concorrenza e sostegno alle giovani imprese

6 Novembre 2025

Italia Oggi

Nicola Rossi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

«La legge di bilancio non è Babbo Natale». La Manovra in discussione in Parlamento ha il merito di essere «ordinata e prudente», blindando il Paese da scossoni, per crescere però, serve «uno Stato meno presente, un fisco meno pesante, una burocrazia meno opprimente», ragiona Nicola Rossi, economista dell’Università Tor Vergata, presidente della Commissione sull’evasione fiscale e contributiva del Mef. In merito alla lotta all’evasione, «l’Italia ha fatto meglio di altri paesi europei». Evasione fiscale alta tra le giovani partite IVA: «Va ripensato il sistema per sostenere nuove imprese in un Paese dove sono più quelle che muoiono che quelle che nascono».

Domanda. La legge di bilancio ha iniziato il suo percorso parlamentare, i margini per gli emendamenti sono molto stretti. Le opposizioni accusano il governo di aver fatto poco o niente su salari, sanità, scuola…una Manovra punitiva?

Risposta. C’è un modo di dire che ricorre frequentemente in questi giorni: «nella Manovra non c’è nulla per questo o per quello». È un modo di dire rivelatore del fatto che il Paese si è abituato a pensare alla Legge di bilancio come a Babbo Natale e si aspetta, di conseguenza, che sotto l’albero ci sia qualcosa per tutti. Trovo sorprendente che nessuno sottolinei come qualunque cosa ci sia per questo o per quello viene poi pagato con le tasse, attuali o future, e cioè da tutti noi, o da chi verrà dopo di noi. Se ce ne rendessimo conto, forse ci penseremmo due volte prima di chiedere che «nella Manovra ci sia qualcosa per questo o per quello».

D. Ma al di là di quello che si chiede, come va giudicata la Manovra?

R. Non c’è nulla di punitivo in questa legge di bilancio, ma solo la presa d’atto della necessità e della utilità di una politica di bilancio prudente e disciplinata. Proprio perché in passato c’era sempre qualcosa per questo o per quello. Con i risultati che si vedono.

D. I mercati finanziari hanno premiato la prudenza del governo. Ma se è positivo non aver fatto debito cattivo, se ne poteva fare di buono?

R. Francamente, la distinzione fra debito buono e debito cattivo mi è sempre parsa molto fragile se non proprio inconsistente. Tanto il debito buono quanto il debito cattivo devono essere ripagati e quasi sempre si scopre solo dopo se il debito era buono o cattivo. Molti pensavano che il debito creato con il Superbonus fosse buono. Oggi scopriamo che non era cattivo ma pessimo. E non lo abbiamo ancora alle spalle.

D. Però l’economia cresce stentatamente, dice l’Istat, e sul 2025 dovrebbe attestarsi sullo 0,6%. Crescono poco i consumi. Nonostante gli investimenti del Pnrr.

R. Nel triennio 2021-2023 abbiamo fatto meglio degli altri paesi dell’area dell’euro, anche perché per noi il tonfo del 2020 era stato ben più pesante. Nel biennio 2024-25 stiamo tornando al di sotto della media dell’area dell’euro. Non bisognava esultare allora e forse non bisogna cospargersi il capo di cenere ora. La realtà dei fatti è che il nostro tasso di crescita di lungo periodo è ancora inferiore a quello medio dell’area dell’euro. Meno di quanto non sia accaduto nell’ultimo quarto di secolo ma ancora inferiore.

D. Perchè?

R. Una politica di bilancio ordinata è una condizione necessaria per la crescita ma non sufficiente: bisogna mettere il settore privato in grado di fare quanto può fare. Ma questo implica uno Stato meno presente, un fisco meno pesante, una burocrazia meno opprimente, una concorrenza più diffusa in tutti i campi. E su questi fronti non sono stati fatti molti progressi, purtroppo.

D. Un maggior contributo dalla lotta all’evasione non sarebbe stato utile?

R. Il contrasto dell’evasione fiscale e contributiva non si fa certo per ampliare i margini di manovra della legge di bilancio, se non nei limiti modestissimi ed incerti previsti dalla normativa vigente. È un lavoro di lunga lena i cui risultati, certo, devono prima o poi diventare tangibili per i cittadini nel senso, a mio modo di vedere, di tradursi in una riduzione della pressione fiscale e certo non in una maggiore spesa corrente.

D. La relazione sull’evasione contributiva trasmessa al Parlamento rileva un aumento del fenomeno, che è arrivato a pesare per il 9,1% del Pil.

R. Nell’esaminare l’andamento dell’evasione tributaria e contributiva è necessario tenere a mente tre aspetti. Primo, l’analisi dell’evasione minuto per minuto, e cioè anno per anno, è una attività francamente irrilevante. I dati dei singoli anni incorporano, per esempio, gli effetti del ciclo e di eventi episodici. Se proprio si vuole perdere il proprio tempo, è necessario tenere conto dell’inflazione che in questi ultimi anni ha sensibilmente influito sui risultati. Se se ne tiene conto, i dati del 2022 mostrano una ulteriore contenuta riduzione del fenomeno. Secondo, l’evasione è un fenomeno strutturale di cui è necessario valutare le tendenze di medio-lungo periodo. Se lo si fa, si può notare come l’evasione tributaria si sia ridotta di circa un terzo rispetto al picco osservato nei primi anni del secolo. Terzo, solo la comparazione internazionale può consentirci una valutazione ponderata del fenomeno. Questa è possibile oggi solo per l’IVA.

D. E il confronto internazionale cosa dice?

R. Ebbene, in un contesto in cui i livelli di evasione si sono ridotti in tutta l’Unione, l’Italia ha fatto meglio di molti altri portandosi ormai molto vicina alla media UE. Il che implica che il contrasto all’evasione non solo è possibile ma è in atto ormai da tempo con risultati visibili.

D. Che rapporto vi è tra evasione e fornitura di servizi pubblici?

R. Alcune prime analisi contenute nella Relazione 2025 della Commissione sull’evasione fiscale e contributiva che presiedo suggeriscono che l’obbligo tributario sia assolto più volentieri in quegli enti locali in cui la fornitura dei servizi pubblici è adeguata per quantità e qualità. Il che suggerisce che il contrasto all’evasione può avere come riferimento tanto il contribuente infedele quanto l’ente locale inadempiente.

D. Chi è l’evasore fiscale per eccellenza?

R. Notoriamente il fenomeno sembra riguardare in particolare il lavoro autonomo, che ha registrato nel tempo anche il calo minore della tendenza all’evasione. Nella Relazione 2025 si esplora per la prima volta il profilo generazionale del fenomeno: il diverso grado di compliance osservato, ad esempio, fra diverse generazioni e con riferimento all’IVA, lascia pensare che l’architettura del fisco italiano vada probabilmente aperta agli aspetti generazionali.

D. In che senso?

R. Per quanto riguarda l’IVA, i tassi di evasione tendono ad essere più elevati per le generazioni più giovani. Ciò lascia supporre che si possa definire un regime diverso per le partite IVA di nuova costituzione al fine di favorire l’attività imprenditoriale delle nuove generazioni.

D. Perché i giovani evadono di più?

R. Il fatto che i giovani evadono di più lascia supporre che non siano in grado di far fronte agli impegni burocratici propri di una partita IVA, e quindi è probabile che il tema della semplificazione qui sia rilevante, ovvero che, in assenza di altre fonti di finanziamento, si finanzino ricorrendo all’IVA. La tendenza all’evasione nasconderebbe, in ambedue i casi, difficoltà strutturali contro cui si scontra l’imprenditoria giovanile.

D. Insomma, i giovani imprenditori si autofinanziano evadendo?

R. Le startup sono quasi sempre nelle fasi iniziali attività marginali. È piuttosto raro che vadano immediatamente in utile. La natura dell’attività delle startup richiederebbe un accompagnamento creditizio che il sistema italiano del credito tende a negare, essendo un sistema fondato sulle garanzie e non sulle prospettive future dell’attività. Tutto ciò può condurre, senza per questo giustificarlo, ad un mancato rispetto dell’obbligo tributario. Ma di startup giovanili il paese ha bisogno visto che ormai da vent’anni nascono meno imprese di quante ne muoiano.

oggi, 7 Novembre 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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