La globalizzazione di Papa Francesco

Quando Gesù dà da mangiare a 5mila uomini, si preoccupa di moltiplicare non di distribuire nel modo più equo

4 Febbraio 2014

Wired

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Secondo la Banca Mondiale, nel 1981 più della meta degli abitanti dei paesi in via di sviluppo viveva con meno di 1,25 dollari al giorno. Nel 2010 era il 21%: un progresso che non ha precedenti nella storia umana Per quanto possano apparirci divaricati al loro interno, riguardo alla distribuzione del reddito, con la globalizzazione si assiste a una lenta convergenza del reddito medio fra paesi. E’ difficile insomma sostenere che sia “l’economia dell’esclusione”, come dice papa Francesco nella sua esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”.

La globalizzazione ha eroso le rendite dei paesi ricchi, ma ha creato opportunità in primo luogo in quelli più poveri. Tanto più viviamo in un mondo globalizzato, e tanto più siamo dipendenti gli uni dagli altri: tutto frutto di una complessa serie di scambi.

Per carità: che la Chiesa voglia spingere all’impegno personale contro la miseria, è scontato. Ma meglio di noi papa Francesco ricorderà che, quando Gesù dà da mangiare a 5mila uomini, si preoccupa di moltiplicare i cinque pani e i due pesci che i discepoli gli mettono a disposizione, non di distribuirli nel modo più equo (rimasero anzi “dodici ceste piene di pezzi avanzati”). La priorità dovrebbe essere creare ricchezza per tutti. Tre quarti della forza lavoro africana è nel settore primario, e i paesi ricchi spendono miliardi per proteggere i loro agricoltori. Per un’economia più inclusiva servono più commerci e non meno.

Da Wired, 4 febbraio 2014
Twitter: @AMingardi

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