Italia al bivio sulle concessioni autostradali in scadenza

L’Italia rischia di sostituire la concorrenza con una nazionalizzazione mascherata, contraria alle regole UE e agli obiettivi del Pnrr


12 Novembre 2025

MF – Milano Finanza

Nicola Carosielli

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

L’Italia si prepara a una fase cruciale per il futuro delle sue autostrade. Nei prossimi 15 anni scadranno 17 delle 27 concessioni oggi attive, tra cui tratte strategiche come la A22 del Brennero, la A4 Torino-Milano e la Brescia-Padova. Una tornata di rinnovi che, se gestita bene, potrebbe ridefinire l’assetto di uno dei settori più importanti per la competitività del Paese. Ma che, al contrario, lascia anche intravedere il rischio che si vada nella direzione opposta: una nazionalizzazione di fatto mascherata da riforma.

Si può sintetizzare così il briefing paper «La concorrenza nel settore autostradale», redatto da Serena Sileoni e Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni, che MF-Milano Finanza è riuscito a visionare, in cui si ricostruisce la storia di un sistema che, pur formalmente aperto al mercato, è rimasto imbrigliato da proroghe, rinnovi automatici e affidamenti diretti.

«Il principio della gara è chiaramente previsto dal diritto italiano ed europeo, ma in Italia è stato spesso eluso», ricordano gli autori. Il nodo più delicato è la recente istituzione della società controllata dal Ministero dell’Economia e sottoposta al controllo del Mit (ieri, intanto, Autostrade dello Stato ha varato un piano di 18, 5 mln al 2027 per il monitoraggio continuo e la sorveglianza delle infrastrutture).

La nuova entità, pensata per gestire direttamente alcune tratte, rappresenterebbe secondo un cambio di paradigma ma anche un rischio: «la creazione di una società controllata dallo Stato (o da una Regione) e l’affidamento a essa di compiti operativi, altera implicitamente la distribuzione dei rischi: se il modello concessorio presuppone che alcuni di essi siano lasciati in capo al privato (il rischio sui costi operativi o sui costi di costruzione), la concessione a un operatore pubblico di fatto riporta anche tali rischi sull’ente concedente».

Il passo inoltre contrasterebbe con i principi di concorrenza sanciti dall’Unione Europea e con gli impegni assunti nel Pnrr, che prevedono l’obbligo di gara, il divieto di rinnovo automatico e la gestione trasparente dei contratti. Le autostrade, si ricorda nel paper, sono monopoli naturali: non possono essere replicate e hanno costi fissi molto elevati. Proprio per questo, la concorrenza nel mercato è impossibile, ma quella per il mercato – tramite gare periodiche e trasparenti – è l’unico modo per mantenere efficienza, qualità e disciplina economica.

L’analisi dell’Istituto Bruno Leoni mette in evidenza come, in Italia e all’estero, l’ingresso dei privati nella gestione delle autostrade abbia portato migliori performance operative, più sicurezza e maggiori investimenti. Nei Paesi dove la gestione è rimasta pubblica o affidata senza competizione, invece, prevalgono inefficienze e extracosti. La partecipazione privata, inoltre, consente di alleggerire i conti pubblici, generando entrate regolari per lo Stato e stimolando innovazione tecnologica – dalla manutenzione predittiva alla riduzione delle emissioni – che difficilmente il settore pubblico riesce a garantire.

Non a caso, la Commissione europea ha recentemente aperto una nuova procedura di infrazione contro l’Italia per l’uso improprio dell’affidamento diretto e per la mancata piena attuazione della direttiva sulle concessioni. Bruxelles chiede all’Italia di assicurare gare competitive e regole stabili, condizioni indispensabili per attrarre investitori e garantire la qualità della rete.

Per l’Istituto Bruno Leoni, la sfida non è solo giuridica ma strategica: si tratta di decidere se l’Italia vuole un modello aperto e competitivo, in linea con i partner europei, o un ritorno alla logica dell’intervento pubblico diretto. «L’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità del sistema autostradale – concludono gli autori – dipendono da regole certe, trasparenza e concorrenza. Tornare a una gestione statale significherebbe rallentare il Paese proprio sulla strada della modernizzazione».

oggi, 13 Novembre 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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