Il profeta che vide il disastro del globalismo

Molte delle idee di Lasch oggi fanno parte del patrimonio comune di coloro che lottano contro il predominio della cultura progressista

1 Luglio 2025

Libero

Corrado Ocone

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Difesa della famiglia come argine democratico al consumismo sfrenato e allo statalismo “ortopedico”: a oltre trent’anni dalla morte il sociologo americano dimostra tutta l’attualità del suo pensiero e la capacità di anticipare la crisi attuale

Christopher Lasch muore a poco più di sessant’anni nel 1994. Mai come in quel momento la sua interpretazione del mondo contemporaneo suonava “inattuale”: il liberalismo progressista, a lui tanto inviso, non sembrava avere più rivali e il mondo sembrava dirigersi verso la neutralizzazione globale dei conflitti che avevano segnato in passato la storia dell’umanità. I libri di Lasch – da La cultura del narcisismo a La rivolta delle élite – avevano avuto un certo successo, sia di critica sia di pubblico, ma più come l’opera di un eccentrico e geniale intellettuale anti-moderno che non per la plausibilità delle idee e le previsioni in esse contenute.

LE ILLUSIONI SVANITE

Oggi, trent’anni dopo, dopo che le illusioni del globalismo sono state contraddette dalla realtà, possiamo dire che non solo egli avesse visto lontano, ma che molte delle sue idee fanno parte del patrimonio comune di coloro che lottano contro il predominio della cultura progressista. Questa impressione si fa certezza se leggiamo, con l’attenzione che merita, la prima monografia italiana dedicata a Lasch, appena uscita a firma di Carlo Marsonet nella bella collana dei “Classici contemporanei” di IBL Libri. L’autore ha la capacità di riportare ad unità le idee che Lasch aveva sparso nei pochi libri scritti, nei tanti saggi o articoli, in numerose interviste e conferenze, negli appunti inediti.

In primo luogo, nel pensatore americano c’è una difesa tanto forte quanto originale della famiglia. La novità è che egli non adduce motivi religiosi o legati all’“etica naturale”, come potrebbe fare un conservatore nel senso classico del termine; si concentra piuttosto sul ruolo sociale che essa svolge. La famiglia è per Lasch l’àncora della democrazia perché è al suo interno che si sviluppa, attraverso l’educazione impartita dai genitori, la personalità individuale. Il suo compito è quello di far diventare adulti, cioè maturi e consapevoli di sé, i figli, di educarli ad un esercizio responsabile della propria libertà, a coltivare quell’autostima e rispetto di sé che forma un carattere non servile e non bisognoso di essere protetto da qualche entità esterna.

Erodendo la famiglia, si creano personalità fragili e narcisistiche che cadono facilmente preda di nuove forme di dominio paternalistiche. Con la famiglia si distrugge l’idea stessa di autorità, che è speculare per Lasch a quella di libertà. L’individuo non fa più i conti con i limiti della propria natura e passa da stati d’animo di eccitazione e tracotanza rispetto al mondo a stati di disillusione e depressione. Venuta meno l’opera di intermediazione della famiglia, ci si affida o al mercato (trovando soddisfazione nel consumismo) o a uno Stato le cui élite hanno fatto propria una visione “ortopedica” o “terapeutica” della politica.

DESTRA E SINISTRA

Questa visione è ormai propria, a detta di Lasch, di destra e sinistra, ugualmente infettate da una idea della politica come tecnica sociale da imporsi alla società tutta. Uomo dell’America profonda, Lasch, anticipando i tempi, contesta, scrive Marsonet, «le élite culturali e politiche che si sentono investite della missione di guidare le masse verso ciò che esse ritengono giusto».

Come definire Lasch, al di là dell’etichetta di “populista” che egli orgogliosamente si era dato? Il suo pensiero sembra fatto per scontentare tutti: «Se la sinistra per lui non aveva futuro, d’altro canto la destra errava parimenti perché troppo legata al mercato, distruttore della tradizione». Marsonet opta per l’etichetta di «conservatore anticapitalista», ma a ben vedere anche quella di «conservatore liberale» ben gli si attaglia sol che si concepisca il liberalismo nel senso classico del termine.

«Lasch», osserva l’autore di questo libro, «riteneva che la sola alternativa per promuovere un ordine più adatto all’uomo fosse quella democratico – jeffersoniana, in cui le persone ordinarie creano l’ordine dal basso, sorrette dalla tradizione».

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