Il Premio Bruno Leoni 2023 a Jimmy Lai

Come ricorda Carlo Lottieri nel suo nuovo libro, il tema della proprietà è strettamente legato al riconoscimento dell'altro


10 Novembre 2023

La Ragione

IBL

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Il tema della proprietà viene spesso associato all’idea che i pochi si siano arricchiti a danno dei molti. Sulla base di una visione marxiana del mondo, i mali “sovrastrutturali” della società originerebbero dalla ineguale e ingiusta suddivisione della ricchezza. Del resto, è ben noto come Jean-Jacques Rousseau – uno dei più acerrimi nemici della proprietà e certamente fonte d’ispirazione del filosofo di Treviri – la ritenesse causa della corruzione della primigenia bontà umana. Ma è proprio così? 

In realtà, quando si dice proprietà, significa parlare di uno dei fondamenti della stessa civiltà (liberale). Il riconoscimento giuridico dell’indisponibilità dell’individuo a essere conculcato da questo o quel potere risiede proprio nella tutela, quasi sacrale, della sua proprietà. Essa si configura, dunque, come quell’elemento cruciale che delimita l’autonomia delle persone. Detto altrimenti, senza proprietà non è nemmeno concepibile la libertà dei moderni. 

La cosa curiosa, ricorda il filosofo del diritto Carlo Lottieri nel suo “La proprietà sotto attacco” (Liberilibri), è che il tema della proprietà è strettamente legato al riconoscimento dell’altro: ha una sua funzione sociale ma non in senso socialista, bensì liberale. Contrariamente a quanto sostengono i nemici della proprietà e quindi della libertà essa non è un male da estirpare. Piuttosto, essa costituisce l’elemento fondamentale che rende possibile l’individualità reciproca e, cosa non secondaria, funge da strenua resistenza nei confronti dell’accentramento politico. 

È chiaro che, quando parliamo di proprietà, trattiamo di un’idea che ha a che fare in maniera indissolubile con il liberalismo. E questo, contrariamente ai suoi critici, non è la dottrina dei padroni o dei forti. Al contrario, il liberalismo auspica l’ampliamento della libertà per tutti. E, di conseguenza, tutela la proprietà proprio perché essa consente agli individui di godere della propria libertà. Eppure, è ben noto, il liberalismo ha subìto talmente tante torsioni a partire dalla fine dell’Ottocento – si pensi al “nuovo liberalismo” inglese e, successivamente, a cosa è divenuto il liberalismo negli Stati Uniti – che ha finito col divenire sinonimo di socialismo più o meno riformista. E così la proprietà è stata relegata in un ruolo di secondo piano, succube di qualunque pretesto “sociale”. 

Da contropotere naturale della concentrazione di potere (politico) e a fondamento della civiltà liberale, la proprietà rende possibile la cooperazione sociale e la pace fra le persone. Dove tutto fosse di tutti vi sarebbe una condizione di guerra incessante per accaparrarsela per mezzo della violenza anziché guadagnarla con la creatività, il lavoro e la cooperazione sociale. Il suo riconoscimento giuridico tutela le persone dalle ingerenze esterne e rende possibile il vivere sociale: ecco perché non vi è libertà, e dunque nemmeno proprietà, senza diritto.

da La Ragione, 21 dicembre 2023

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