Il pensiero unico "neoliberista"? In Italia più se ne parla, meno esiste

Esagerava Silvio Berlusconi quando diceva che i professori universitari sono tutti comunisti, ma non si allontanava molto dalla realtà. Almeno limitando il campo ai politologi i risultati sono inequivocabili: la stragrande maggioranza è di sinistra. E se questa è una caratteristica comune nelle democrazie occidentali, la peculiarità degli esperti italiani di politica è che nel […]

29 Febbraio 2016

Il Foglio

Luciano Capone

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Esagerava Silvio Berlusconi quando diceva che i professori universitari sono tutti comunisti, ma non si allontanava molto dalla realtà. Almeno limitando il campo ai politologi i risultati sono inequivocabili: la stragrande maggioranza è di sinistra. E se questa è una caratteristica comune nelle democrazie occidentali, la peculiarità degli esperti italiani di politica è che nel mondo sono quelli più a sinistra di tutti. I dati sono quelli raccolti da Luigi Curini, professore associato all’Università Statale di Milano, in uno studio dal titolo “Experts’ political preferences and their impact on ideological bias”, pubblicata per la rivista scientifica Party Politics e presentata all’Istituto Bruno Leoni. Nella ricerca si usano spesso i sondaggi tra gli scienziati politici per individuare il posizionamento ideologico dei partiti e in questo modo poter studiare come funziona un sistema partitico, valutare la stabilità o la conflittualità delle maggioranze e altre cose. Ma il giudizio sui partiti può essere influenzato dalle idee politiche degli intervistati e così in questi sondaggi viene chiesto loro di indicare la propria posizione politica. E’ di quest’ultimo punto che si occupa lo studio di Curini, usando le risposte fornite dagli iscritti alla Società italiana di Scienza politica. La distribuzione delle preferenze politiche dei professori sull’asse sinistra-destra mostra un netto sbilanciamento a sinistra: si parte da un livello elevato di vicinanza rispetto alle idee di Sel, poi la curva sale sempre di più man mano che ci si avvicina al Pd e crolla fino a sparire quando si arriva a Forza Italia e Lega.

I sondaggi sono stati fatti prima di ogni elezione, dal 2001 al 2013, ed è quindi possibile anche vedere com’è cambiato il posizionamento dei professori rispetto all’evoluzione del panorama politico. E anche qui sorprese non ce ne sono. La curva di distribuzione dal 2001 – quando c’erano Rifondazione, i Ds, Idv e An – è praticamente sovrapponibile a quella odierna, ma leggermente spostata verso destra. In pratica le preferenze dei politologi hanno accompagnato il lento spostamento verso il centro del partito post-comunista trasformatosi poi in Pd. In realtà non è neppure detto che abbiano seguito i Ds, perché in teoria è anche possibile che l’intellighenzia abbia guidato il mutamento culturale del principale partito di sinistra, ma la sensazione è che gli intellettuali siano stati più mosche cocchiere che timonieri. Come detto, se è cosa comune nel mondo che i politologi siano più di sinistra, quelli italiani sono speciali per essere più a sinistra di tutti: su una scala che va da 1 a 20, dove 1 è l’estrema sinistra e 20 l’estrema destra, gli esperti in Italia si posizionano attorno al 6, con una varianza abbastanza stretta (la pensano tutti più o meno allo stesso modo). Poi ci sono quelli di Israele a 7, Spagna a 8, Regno Unito a 9, Germania a 10 e Giappone quasi a 11.

Ma destra e sinistra non ci dicono più molto, sia perché il loro significato è cambiato nel tempo sia perché cambia da paese a paese. Ad esempio in Polonia è la sinistra a essere liberale e anche da noi, vista la traiettoria sovranista e statalista della destra italiana, potrebbe essere possibile che i professori siano di sinistra ma liberali. Manco per niente. Curini ha posizionato gli esperti anche su un grafico che indica le preferenze ideologiche rispetto alle politiche economiche e alle libertà civili: il risultato è che tutti i professori sono schiacciati nel quadrante socialista e social- democratico. Sono gli stessi intellettuali che un giorno sì e l’altro pure denunciano da libri, giornali e talk show l’esistenza di un pensiero unico dominante, che ovviamente è quello “neoliberista”. Però la preoccupazione per il dominio del pensiero Neoliberista e per la possibile assenza di diversi punti di vista nel dibattito pubblico, più che un colossale abbaglio degli intellettuali potrebbe essere il frutto di un fraintendimento del pubblico. Forse con il loro allarme non vogliono dire che in Italia esista un pensiero unico Neoliberista, ma che c’è un unico professore con un pensiero neoliberista. E purtroppo non si può sapere neppure chi sia perché questi sondaggi sono anonimi.

Da Il Foglio, 27 febbraio 2016

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