Il libero mercato sconfigge la povertà

Un'incomprensione di fondo su quanto sta avvenendo a livello globale

4 Febbraio 2016

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Come già in passato, Oxfam (una nota Ong impegnata in campagne contro la povertà) ha diffuso i propri dati sullo “stato delle diseguaglianze”, derivandone conclusioni sconfortanti. L’umanità, infatti, sarebbe sempre più divisa tra ricchi e poveri. Tutta la ricerca è però viziata da discutibili scelte metodologiche e, soprattutto, da un’incomprensione di fondo su quanto sta avvenendo a livello globale, oltre che da valutazioni etiche assai contestabili.

Innanzi tutto, come ha sottolineato Luciano Capone sul “Foglio”, non si capisce per quale motivo si debba concentrare l’attenzione sulla ricchezza complessiva e non sul reddito, con la conseguenza di mettere a fondo classifica quanti magari hanno un capitale negativo (poiché pieni di debiti), ma si trovano entro un contesto sociale ed economico molto avanzato. I contadini del Terzo Mondo che faticano a sopravvivere non sono indebitati, mentre spesso lo sono gli imprenditori o i liberi professionisti dei Paesi occidentali, che hanno ricevuto risorse per avviare le loro attività. Sarebbe stato molto meglio, allora, focalizzarsi su redditi e tenore di vita.

Al riguardo sono ormai numerosi gli studi che evidenziano come nell’ultimo quarto di secolo l’allargamento dei mercati abbia favorito la sconfitta della miseria in buona parte del mondo. Il numero di quanti sono al di sotto della soglia della povertà è diminuito in termini percentuali e anche in valore assoluto, e questo nonostante la crescita demografica. Nel maggio scorso la stessa Fao ha ammesso che dal 1990 sono ben 216 milioni le persone che hanno smesso di patire la fame. Nei Paesi più poveri la percentuale dei denutriti si è dimezzata in quindici anni, passando dal 23,3% a 112,9%. Stesse considerazioni vengono dalla Banca mondiale, che ha parlato di un dimezzamento di quanti vivono sotto la soglia della povertà. Perfino in una realtà tanto difficile quale è l’Africa nel 2008, per la prima volta, metà della popolazione si è collocata al di sopra del reddito minimo vitale.

Ma chi ha aiutato i più poveri a stare meglio? È evidente come questo si debba allo sviluppo del libero mercato, che ha sprigionato energie a lungo imprigionate da sistemi basati su pianificazione e dirigismo. In tal senso il caso più clamoroso è quello della Cina, dove in questi anni è emersa una borghesia degli affari e dove si è registrato un formidabile miglioramento delle condizioni lavorative e dei redditi.

Nonostante quello che pensano i dirigenti di Oxfam, allora, la sconfitta della povertà non coincide con la guerra alle diseguaglianze. In linea di massima, l’economia liberale è in grado di far migliorare le condizioni di tutti: ricchi inclusi. E d’altra parte è fuori discussione come tutta una serie di iniziative imprenditoriali siano impossibili e perfino inimmaginabili senza concentrazioni di ricchezza. L’accumulo di capitali importanti è condizione indispensabile all’avvio di intraprese ambiziose.

La lotta alla povertà non coincide necessariamente con la lotta alle diseguaglianze, e la storia del Novecento ha mostrato che le società egualitarie hanno moltiplicato la povertà. È questa una lezione da non dimenticare.

Da La Provincia, 4 febbraio 2016

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