I tagli e l'aritmetica del consenso

Se le Regioni preferiscono rivedere gli acquisti che gli stipendi, è perché gli scanner per la risonanza magnetica non votano, ma i percettori di un salario statale invece sì

24 Aprile 2015

La Stampa

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Negli Anni Sessanta, l`economista statunitense Milton Friedman, durante un viaggio in Asia, venne portato a vedere i lavori di costruzione di un canale. Friedman constatò sorpreso che c`erano pochissime ruspe in cantiere e gli operai si aiutavano solo col badile.

Non doveva meravigliarsi, gli spiegò uno zelante funzionario, quella «grande opera» faceva parte di un programma per aumentare l`occupazione. Par di vederlo, Friedman, che alza un sopracciglio e dice: «Pensavo doveste costruire un canale. Se volete creare posti di lavoro, dovreste dare a queste persone dei cucchiai, non deí badili».

Si dirà che il mondo è cambiato: è tempo di spending review. Ma come si fa a ridurre le spese, se non è cambiata la mentalità delle pubbliche amministrazioni?

L’ultimo Documento di Economia e Finanza ha riacceso i riflettori sui tagli al servizio sanitario nazionale. Nell`estate scorsa, governo e Regioni si erano accordati, col cosiddetto Patto per la Salute, sull`ammontare delle spese per questo comparto nel triennio 2014-2016. Più di recente, la legge di stabilità ha previsto un aumento del contributo a carico delle Regioni per il contenimento della spesa pubblica. Potendo scegliere dove tagliare, le Regioni hanno deciso di aumentare la sforbiciata ai servizi sanitari. In pochi si sono lamentati.

E` vero che quasi l`80% del budget dei governi regionali è impiegato per la sanità, ma è difficile immaginare che non si possano limare le uscite anche in altri settori.

E nella sanità, che cosa hanno scelto di tagliare le Regioni? Potremmo pensare che la «spending review» fosse il momento buono per mettere mano a un riordino della rete ospedaliera. Se ne parla da anni: sono molti i piccoli ospedali che potrebbero essere accorpati, recuperando efficienza. La moltiplicazione dei nosocomi serviva alla salute dei partiti: l`idea di avere un ospedale vicino rassicura gli elettori. Ci sono però buoni motivi per «concentrare» risorse e persone in strutture più grandi: la probabilità di morire nel corso di un intervento
chirurgico è minore in un ospedale in cui se ne fanno molti, di interventi di quel tipo.

Le Regioni non hanno scelto di rivedere la rete ospedaliera: al contrario, hanno annunciato tagli, e importanti, all`acquisto di beni e servizi e all`ospedalità privata.

E` una decisione assennata? Le ruspe costano di più dei badili, ma aumentano la produttività degli operai e accorciano i tempi di realizzazione del canale. Fuori di metafora, ogni tanto un farmaco può ridurre le giornate da trascorrere a letto. Ogni tanto un macchinario può aiutare ad individuare per tempo una malattia, consentendo il ricorso a terapie meno debilitanti. Ogni tanto acquistare prestazioni dagli ospedali privati (che col 15%
della spesa coprono il 24% dei ricoveri) significa spendere in modo più efficace i soldi di tutti. Al contribuente, non interessa che i suoi quattrini finiscano nelle tasche della pubblica amministrazione o di fornitori «esterni»: interessa che «comprino» una sanità d`eccellenza.

Se le Regioni preferiscono rivedere gli acquisti che gli stipendi, è perché gli scanner per la risonanza magnetica non votano, ma i percettori di un salario statale invece sì.

I tagli lineari non piacevano a nessuno. Pareva incredibile che la politica non sapesse scegliere cosa fare e cosa ridurre. Ma quando la politica sceglie, l`impressione è che lo faccia secondo l`unica aritmetica che conosce: l`aritmetica del consenso.

Da La Stampa, 24 aprile 2015
Twitter: @amingardi

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