Huerta de Soto e la lezione dei prof austriaci

Jesus Huerta de Soto usa gli strumenti della Scuola austriaca di economia per capire (e criticare) la gestione della pandemia

25 Luglio 2022

Il Giornale

Argomenti / Economia e Mercato Teoria e scienze sociali

Esiste ancora una scuola economica austriaca? È una semplice declinazione dell’impianto metodologico di Friedrich von Hayek o è uno strumento ancora attuale? Si può ragionare di privatizzazione della moneta in un mondo che ha visto nascere le criptovalute? Ha ancora senso parlare di inflazione da eccesso di offerta di moneta? E le politiche monetarie della Bce e di Mario Draghi possono essere giudicate alla luce delle teorie monetarie austriache?

Sono domande retoriche che trovano risposta affermativa in Pandemia e dirigismo (Ibl editore) di Jesus Huerta de Soto, uno dei più interessanti eredi di quella storia del pensiero economico e sociale. L’autore applica la lezione austriaca al mondo di oggi. Si potrebbe andare direttamente all’ultimo capitolo, alla lettura della pandemia, anzi sarebbe meglio dire alla risposta degli Stati pianificatori e saccenti, per comprendere come oggi più che mai si debba riprendere in mano il ragionamento hayekiano. Il virus viene trattato, con esplicito riferimento, nello stesso modo con cui Ludwig von Mises si approcciava al socialismo: una buona scusa per limitare le nostre libertà sociali ed economiche in funzione di un obiettivo sulla carta nobile, ma irraggiungibile.

Ma la parte più interessante è quella che riguarda i guasti cagionati dalle politiche monetarie di Bce e Fed che hanno stampato moneta come se non ci fosse un domani. Il mainstream economico, che per De Soto è fatto da keynesiani e monetaristi, ha sottovalutato gli errori di politica monetaria che hanno portato alla crisi. Eppure la crisi del 2008 e quella del 1929 sono nate dal cosiddetto credito facile, generato non tanto dal surplus di risparmio, quanto dal comportamento delle banche centrali. Per De Soto avevamo in custodia un ubriacone e per salvarlo lo abbiamo riempito di vodka.

Le origini delle due crisi sono entrambe monetarie così come lo sarà quella imminente. Non ci si è resi conto, scrive l’economista spagnolo, di come le espansioni artificiali del credito e del denaro, pur non generando inflazione, negli ultimi trent’anni abbiano impedito una «sana deflazione» dei prezzi al consumo. La tesi è che lo shock monetario nel lungo termine ha un carattere recessivo. Tassi di interesse artificialmente bassi e politiche di creazione di nuova base monetaria procurano «pane oggi e fame per domani».

Viviamo in una continua bolla: va bene quando ci troviamo nella fase del «pane», male quando si sgonfia. Il fatto che la politica monetaria sia stata espansiva fino alla crisi del 2008 e che non sia stata accompagnata dall’aumento dei prezzi al consumo, deriva dalla circostanza per la quale gli aumenti di produttività hanno “nascosto” l’inflazione. Come dire: l’inflazione c’era, eccome, ma sotterrata dalla riduzione dei prezzi a livello industriale e produttivo. Se non ci fosse stato un eccesso di moneta i consumatori avrebbero potuto godere di questa generalizzata riduzione dei prezzi.

da Il Giornale, 24 luglio 2022

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