Giudice indipendente solo se soggetto alla legge

Quando l’indipendenza del sistema giudiziario diventa terreno di scontro tra legge, potere e garanzie costituzionali

4 Dicembre 2025

La Ragione

Giancristiano Desiderio

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Una delle parole che oggi più ricor­re nel dibattito politico e istituzio­nale è “giurisdizione”, che il più delle volte è espressa nella formu­la “cultura della giurisdizione”. Che cos’è la “cultura della giuri­sdizione” è affare che oscilla tra il sofisma e il mistero. La giurisdi­zione, infatti, non esiste in un mon­do a parte ma è parte di questo mondo e, soprattutto, non esiste senza il riferimento testuale alla legge. Se così non fosse si genererebbero due mostruosità giu­ridiche: l’indipendenza del giudice rispetto alla legge e la trasformazione del diritto in una forma ignota di superdottrina o superconoscenza. Purtroppo, queste due mostruosità giuridiche sono oggi dottrine molto accreditate da cui spesso dipendono il ruolo del giu­dice e l’interpretazione della giurisdizione a tutto vantaggio del “ceto dei giuristi”.

L’attualità e la inattualità à la Nietzsche di questo di­scorso sono date senz’altro dalla riforma Nordio — su cui gli italiani si esprimeranno con un referendum in primavera — e dal gravoso relativo peso che l’ammini­strazione giudiziaria ha assunto non soltanto nella vita istituzionale ma anche — ahimè — soprattutto nella no­stra nuda vita quotidiana. Ecco perché si consiglia vi­vamente la lettura e la diffusione del libro di Raimon­do Cubeddu e Pier Giuseppe Monateri: “I signori del diritto. Il potere più irresponsabile” (IBL Libri).

Nicolò Zanon firma la chiarissima prefazione del te­sto, che si basa soprattutto sulla necessità di rimarca­re che l’indipendenza del giudice (e della magistratu­ra più in generale) e quindi la sua autorevolezza e cre­dibilità non è indipendenza dalla legge. Al contrario, il giudice — nell’ambito della dottrina classica dello Stato costituzionale di diritto — è indipendente solo perché è soggetto alla legge, altrimenti la sua funzio­ne scivolerebbe via verso l’arbitrio e la politica: «In­dipendenza del giudice e sua soggezione alla legge sono le due facce della stessa medaglia: l’una non è possibile senza l’altra».

Senza la legge non c’è il giudice. Questa è la posizio­ne classica, che è tutta basata sul concetto irrinuncia­bile della limitazione del potere che riguarda tutti i po­teri statali; esecutivo, legislativo e giudiziario. Però oggi si tende a intendere, maldestramente, l’indipen­denza della magistratura come autonomia rispetto al potere legislativo, generando così il convincimento che la magistratura debba interpretare la legge stessa fino a poter opporsi legittimamente a essa. Ma in que­sto modo a essere capovolto è proprio il concetto di indipendenza della magistratura che la Costituzione i­taliana riconosce. Infatti, mentre l’indipendenza assi­curata al parlamentare ha lo scopo di consentirgli di svolgere una funzione politica, l’indipendenza assicu­rata al giudice ha l’obiettivo opposto, quello cioè di impedirgli ogni discrezionalità politica. Se così non fosse, in gioco ci sarebbe non solo la separazione dei poteri ma anche il principio della sovranità popolare (a sua volta limitato costituzionalmente e, verrebbe da dire, ontologicamente).

Come si può capire, la condizione culturale — e, in ve­rità, non solo culturale — nella quale noi oggi ci muo­viamo e nella quale abbiamo vissuto per tanto tempo è capovolta rispetto al concetto classico dell’indipen­denza del giudice: oggi l’indipendenza del giudice è interpretata e sentita proprio in chiave politica. Ma il giudice che diventa politico — sia sul piano nazionale, sia sul piano internazionale — smette di essere una fi­gura di garanzia e veste i panni opposti del tiranno. Al­lo stesso modo, il diritto invece di essere una fonte di tutela delle libertà individuali diventa l’origine della nuova forma di tirannia. L’alimentazione e la diffusio­ne di una rigorosa cultura costituzionale o dei limiti dei saperi e dei poteri sono quanto mai necessarie per la salvaguardia delle libertà dallo stesso diritto.

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