«Fine dining» alla peruviana

Nel Paese sud-americano, la progressiva liberalizzazione dell'economia ha attratto investimenti e sorretto la creazione di ricchezza

27 Aprile 2015

Il Sole 24 Ore

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

In Perù si mangia benissimo. Si mangia splendidamente nei ristoranti dei poveri, cí si lascia stupire nei ristoranti dei ricchi: a Lima ce ne sono, e tanti, e fra i migliori al mondo, lo dicono le guide, lo confermano i prezzi, da centro di Londra.

La cucina creativa è diffusa non solo nella capitale. A 3.400 metri sul livello del mare, a Cuzco, la massima espressione del fine dining è “Cicciolina”, ristorante al secondo piano a pochi metri dalla cattedrale: il turista di passaggio riesce a prenotare soltanto agli orari più improbabili.

I cuochi d`avanguardia hanno avuto gioco facile, perché la corrida peruviana è già un`avventura. C`è dentro un po` d`Italia, di Giappone, di Cina. Il ceviche è una tradizione centenaria, è però grazie all`influsso giapponese se la caratteristica marinatura al limone è diventata questione di pochi minuti. I cinesi che sono arrivati sin qui, facendo i conti con ingredienti nuovi, hanno dato origine alla chifa, ben prima che il fusion andasse di moda.

L’uomo forse no, ma un popolo è davvero ciò che mangia. Quella peruviana è una cucina meticcia, e per questo straordinaria. Delle star dei fornelli, Gastòn Acurio è stato l`apripista. Formatosi al Cordon Bleu, è una gastro-celebrità che tiene salotto in televisione e ha ristoranti in tutto il mondo. A Lima c`è “Astrid y Gastòn”, il suo primo locale, ora occupa un imponente edificio coloniale nel barrio di San Isidro.

Nel quartiere, più tranquillo dello spumeggiante Miraflores, si mescolano antico e moderno, ci sono law firm prestigiose e ampie aree residenziali, il nitore globalizzato di H&M e gli scaffali straripanti della magnifica libreria Sur, aperta tutti i giorni fino alle dieci di sera. Al centro di tutto, come fosse il sagrato di una grande chiesa, il circolo del golf. La sua stessa esistenza ha del miracoloso: un`enclave verde, per giunta con diciotto buche, permanentemente circondata da due anelli di traffico di quelli che solo alle prime luci del mattino lasciano scampo ai runner ossessionati, come del resto ovunque, dall`idea di circumnavigare i parchi.

Lima è una città di nove milioni di abitanti e si vede. Attraversare la strada è un`impresa. I semafori, modernissimi, sono ammirati come fossero reperti di una civiltà antica. Che stiano lampeggiando di un colore o di un altro, fa poca differenza. Il rosso e il verde, le strisce bianche per il passaggio pedonale, sono simboli estranei alla cultura locale.

La città è sfacciatamente viva. Si capisce di stare in un Paese che dal 1994 al 2013 è cresciuto in media del 5,5% l`anno. La progressiva liberalizzazione dell`economia ha attratto investimenti e sorretto la creazione di ricchezza. La miseria resta una presenza costante e terribile, specie nelle aree rurali. Il 23,9% della popolazione si arrabatta sotto la soglia di povertà; nel 2009 era il 33 per cento.

Leggi il resto su Il Sole 24 ore, 26 aprile 2015

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