Figli, consulta al passo dei tempi

Su temi eticamente sensibili, il potere giudiziario è chiamato con sempre maggior frequenza a adeguare le leggi allo "spirito del tempo"

26 Maggio 2025

La Stampa

Serena Sileoni

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Anche i più distratti si saranno accorti che, su temi eticamente sensibili, il potere giudiziario è chiamato con sempre maggior frequenza a adeguare le leggi allo “spirito del tempo”.

Fine vita e suicidio assistito, tecniche di fecondazione e stato familiare sono le principali questioni su cui la fatica di decidere del Parlamento viene sostituta dall’onere di decidere dei giudici ordinari e, talora, anche costituzionali. Mentre il primo può anche fare orecchie da mercante, il potere giudiziario e, con le dovute differenze, la Corte costituzionale sono chiamati a dire qualcosa a partire dalle vicende e dai comportamenti delle persone.

È in questo necessitato attivismo che la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato da procreazione medicalmente assistita (PMA) praticata in maniera legittima all’estero. La sentenza ha avuto l’eco meritata, ma insieme ad essa ne è stata emessa un’altra per dichiarare legittima la norma che impedisce la PMA alle donne single. Le due decisioni vanno lette insieme, per capire il senso di questo crescente attivismo giudiziario in materia di diritti, almeno di quello della Consulta.

Nell’ordine, la prima sentenza afferma che, nel caso in cui una donna si sottoponga a PMA all’estero, il figlio non è solo suo, in quanto madre biologica, ma anche della donna che, nella coppia, ha prestato il consenso alla pratica fecondativa.

La seconda sentenza fa invece salvo il divieto per la donna single di accedere alla PMA.

Le due pronunce non sono contraddittorie. Al contrario, sono coerenti nel fondare la rispettive conclusioni sulla tutela dei diritti del bambino, e non su quelli della donna che vorrebbe diventare madre.

Impedire infatti il riconoscimento di figlio anche alla madre non biologica viola il diritto di chi è già nato ad avere da subito uno stato giuridico certo e stabile, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi i genitori, nella piena responsabilità della loro potestà, senza che vi siano interessi o diritti opposti che sarebbero offesi da un riconoscimento immediato della condizione di figlio.

Consentire alla madre intenzionale di riconoscere come figlio chi è nato biologicamente dalla propria compagna significa sottolineare la responsabilità genitoriale di una scelta condivisa, prima ancora che il diritto di essere genitore.

Allo stesso tempo, secondo la Corte il divieto di PMA per le donne single rientra nella discrezionalità di una scelta legislativa che potrebbe anche essere differente, ma che – finché è tale – non è irragionevole nel mettere avanti l’interesse dei figli a nascere in contesti che non escludono, almeno a priori, la presenza dell’altro genitore.

La lettura parallela delle due sentenze aiuta a capire come l’intenzione della Consulta non è sostituirsi al legislatore nel riconoscere nuovi diritti, ma limitarsi a registrare e accompagnare cambiamenti già in atto nella realtà dei rapporti umani e delle scelte individuali, tutelando situazioni che ne sono già reale conseguenza.

Nel primo caso, ci sono figli nati a cui riconoscere gli stessi diritti riconosciuti in situazioni tradizionali. Nel secondo, ci sono aspettative che, per diventare diritti, hanno bisogno di una scelta politica del Parlamento.

In questo senso, l’attivismo della Corte non è innovativo, ma funzionale a adeguare il diritto alla realtà delle cose, proprio come avvenuto con la sentenza sulle adozioni internazionali dei single. Interventi di questo tipo non creano diritto al posto del Parlamento, ma si limitano a far sì che – nell’inerzia di quest’ultimo – il vecchio diritto si adegui agli effetti che le concrete, lente ma reali trasformazioni sociali e culturali e le potenzialità mediche e scientifiche hanno già prodotto.

Il recente rapporto annuale dell’Istat conferma una trasformazione strutturale delle forme familiari: famiglie ricostituite, coppie non coniugate con figli, famiglie monogenitoriali ci dicono che il senso e il concetto di famiglia, piaccia o no, è cambiato e nel cambiare ha ampliato situazioni effettive che non possono essere negate. Non a tutti devono per forza piacere, ma anche coloro a cui non piacciono dovrebbero preferire un diritto che guardi la realtà per come è a un diritto che costringa a guardare solo ciò che piace.

oggi, 27 Maggio 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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