Dall'Europa segnali allarmanti per l'Italia

Il nostro paese è stato invitato a stringere la cinghia e a fare le riforme

24 Maggio 2022

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Politiche pubbliche

Sono segnali preoccupanti quelli giunti al governo italiano da Bruxelles. Nelle raccomandazioni del pacchetto di primavera la Commissione europea ha sottolineato come l’Italia debba fare i conti con una grave “vulnerabilità”, basti pensare al debito, che potrà essere superata soltanto se si taglieranno le imposte sul lavoro e si elimineranno molte sovvenzioni.

La politica italiana sembra recepire tutto questo soltanto in un modo: accelerando la revisione del catasto, pensato per colpire ancor più la proprietà. E’ chiaro invece che i partner intendono richiamare Mario Draghi e il governo ad avviare quella riduzione delle uscite senza la quale non sarà mai possibile rispettare il patto di stabilità e crescita (che nel 2023 sarà ancora sospeso, ma tornerà in vigore nel 2024).

Negli ultimi due anni molti a Roma si erano illusi che le varie emergenze avrebbero giustificato ogni cosa, permettendo di aggirare i vincoli di bilancio. Di conseguenza, il Pnrr è stato presentato come un gentile “cadeau” dei nostri partner europei, consapevoli che la situazione italiana è quanto mai difficile e quindi bisognosa di un sostegno solidale. Questo, però, è vero solo in parte.

La nostra non è una condizione del tutto eccezionale (la Francia da tempo è sulla strada che conduce verso il disastro…), ma è chiaro che pochi in Europa sono disposti a sacrificarsi sull’altare della prosperità degli italiani, che paiono ballare sul Titanic incuranti di quanto sta accadendo. Il debito dell’Italia, ormai arrivato a quota 135% sul Pil (mentre in Germania è al 60%), crea un autentico allarme.

Non ci si deve quindi sorprendere se i “falchi” tornano a farsi sentire. La Commissione è stata critica anche nei riguardi di Grecia e Cipro, ma è ovvio che in quanto a dimensioni quelle due economie sono ben poca cosa. A terrorizzare davvero è l’Italia, che è invitata a stringere la cinghia e fare le riforme. Tanto più che, quando si è creata la moneta comune, tutti ci si è impegnati ad assumere comportamenti virtuosi, dato che il dissesto dei conti di uno Stato ha conseguenze pure sugli altri.

L’ex premier lettone Valdis Dombrovskis, ora vice presidente della Commissione, ha quindi detto a chiare lettere che al più presto “i Paesi dovrebbero tornare a politiche di bilancio prudenti”. Ancor più significativo è quanto non si stanca di ripetere il ministro delle finanze tedesco, il liberale Christian Lindner, convinto che sia urgente uscire dalle logiche emergenziali e riaffermare le buone ragioni dei conti in ordine.

Draghi e i suoi hanno scommesso su logiche keynesiane, nell’illusione che la spesa pubblica avrebbe messo in moto l’economia. Nei fatti, si è trattato di un fuoco di paglia, basti pensare alla strategia dei bonus che ha invaso di denaro taluni settori senza creare un’autentica crescita.

A questo punto l’Europa ci obbliga a rimettere i piedi per terra, ma non è lecito essere troppo ottimisti. In effetti, le decisioni da compiere, sebbene necessarie, sono ancor più ardue adesso, nel momento in cui tutto il mondo sta entrando in recessione; e questo spiega perché sulla nostra economia si addensano nubi sempre più scure.

da La Provincia, 24 maggio 2022

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