La vera diseguaglianza che penalizza il Sud

Nel "piano per Napoli" quello che manca è una prospettiva orientata davvero alla crescita del Mezzogiorno

30 Marzo 2022

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Politiche pubbliche

Recatosi nel capoluogo campano per presentare il cosiddetto «piano per Napoli», il premier Mario Draghi si è soffermato sull’esigenza di colmare insopportabili divari territoriali, sottolineando in particolare che il reddito pro capite del Mezzogiorno è ormai poco più della metà di quello del Centro-Nord, mentre il tasso di disoccupazione è più del doppio. Questo modo di comunicare volto a contrapporre Nord e Sud, però, è sbagliato e poggia su una prospettiva discutibile.

I problemi del Mezzogiorno, in effetti, non sono da ricondurre al suo dislivello rispetto alla Lombardia, alla Baviera o all’area londinese, ma semmai al fatto che il Sud ha seri problemi in tema di produttività, occupazione e redditi. Il costante rinvio retorico alla diseguaglianza tra aree stavolta da parte di Draghi, ma prima di lui da parte di tanti altri non è utile e neppure opportuno. A essere «insopportabile», in effetti, non è questo o quel divario, ma semmai l’arretratezza di molte infrastrutture e l’ostilità verso l’impresa che s’incontra in larga parte del Meridione.

Serve davvero a poco addebitare al Nord le difficoltà dell’economia campana o calabrese e il fatto che dal dopoguerra in poi il tasso di crescita di questa parte del Paese sia stato così basso. Se la società settentrionale ha avuto una colpa è stata soprattutto quella di accettare passivamente politiche volte a redistribuire risorse, che hanno tolto al Nord senza realmente aiutare la crescita del Sud. Al massimo, hanno sovvenzionato pure qualche impresa parassitaria settentrionale.

Nel programma annunciato da Draghi ci sono progetti per migliorare alcune infrastrutture pubbliche: dai trasporti ferroviari al porto partenopeo. Se i soldi saranno utilizzati bene e alla svelta, questo potrà aiutare a vivere e fare impresa. Al momento non si può quindi dire che, nel contesto attuale, tutto sia da rigettare.

Quella che manca, però, è una prospettiva orientata davvero alla crescita del Mezzogiorno. Non soltanto vanno accantonate le rivendicazioni basate sull’invidia o sul vittimismo, ma soprattutto si deve puntare a una piena responsabilizzazione dei territori, che li porti a gestirsi in autonomia e li metta in grado di sfruttare al meglio le loro potenzialità. In modo tale che quelli che oggi sono problemi possano trasformarsi in punti di forza.

Se al Sud vi fosse un vero autogoverno dei territori, questa o quell’area adotterebbero presto bassa tassazione e poche semplici regole. Il loro successo creerebbe fenomeni di imitazione, che potrebbero anche fare leva su un basso costo del lavoro. Si riuscirebbe a innescare un circolo virtuoso, basato sulla produzione e non sull’aiuto, sulla capacità di fare da sé e non su piani d’intervento predisposti a Roma oppure a Bruxelles.

Tra le altre cose, il patto per Napoli siglato ieri servirà a salvare il bilancio della municipalità, che altrimenti sarebbe andata in default. Non si tratta per nulla di un buon segnale, né di un’inversione di tendenza.

da Il Giornale, 30 marzo 2022

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