Come la telematica può aiutare università e mezzogiorno

Le università online sono una valida alternativa a quelle fisiche, avversarle sarebbe solo controproducente

23 Luglio 2025

Il Mattino

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Le università esistono da dieci secoli e, lungo tutta la loro lunga storia, in fondo, il modo in cui si studia e s’insegna non è significativamente cambiato. Per questo è comprensibile che vi siano forti resistenze di fronte all’oggettiva novità degli atenei online, che stanno trasformando in profondità il panorama dell’alta formazione, in Italia e altrove. L’avversione al nuovo, però, non deve impedirci di comprendere quanto queste nuove università siano importanti, oggi, per offrire opportunità inedite e migliori a chi voglia studiare. Molto meno costose delle università classiche, le telematiche permettono di seguire un corso di laurea anche a chi vive lontano dalle sedi universitarie, non può permettersi una stanza a Roma o a Milano, deve lavorare per vivere, ha un figlio piccolo da crescere o, semplicemente, ha bisogno di flessibilità. Sono una risposta concreta anche per chi ha difficoltà motorie, che renderebbero impossibile la frequenza in presenza. Senza pesare sulle tasche dei contribuenti italiani (che invece destinano circa 9 miliardi di euro al sistema universitario tradizionale), questi atenei risultano poi fondamentali anche per l’economia italiana nel suo complesso, dato che una delle cause della bassa produttività è proprio il limitato numero di laureati (in Europa siamo davvero in fondo alla classifica). Senza il contributo delle telematiche, il nostro gap con gli Stati Uniti e con altre realtà sarebbe ancora maggiore.

In particolare, è il Mezzogiorno che dovrebbe guardare con favore a queste iniziative, per più di una ragione. In primo luogo, la maggiore università telematica, Pegaso, ha sede a Napoli ed è un elemento di ricchezza per il territorio. In secondo luogo, oltre la metà degli studenti delle telematiche è del Sud: spesso lavoratori che puntano a migliorare la propria condizione. In terzo luogo – e non è cosa da poco – le telematiche rappresentano un elemento cruciale di quella modernizzazione di cui si avverte un forte bisogno.

Chi avversa le telematiche mescola argomenti anche in parte comprensibili ad altri, invece, del tutto pretestuosi. Si cita, ad esempio, il rapporto numerico tra studenti e docenti come se dovesse essere identico in ogni contesto. Ma la normativa stessa -il DM 1835 del 2024 – riconosce che la didattica a distanza ha caratteristiche proprie, e stabilisce parametri dedicati: rapporti numerici più ampi, sì, ma accompagnati da obblighi precisi su docenti strutturati, attività in diretta e tracciabilità delle interazioni.

Quanto al tema del “rapporto personale”, è vero che l’esperienza non è identica – ma vale la pena ricordare che la maggior parte degli studenti delle università in presenza smette di frequentare già dal secondo anno, rendendo di fatto meno netta la differenza tra i due modelli.

Oltre a ciò, la stessa didattica online si avvale sempre più di forme interattive, proprio per offrire una comunicazione migliore e più dialogica con i docenti. Per non parlare del ruolo del tutto peculiare svolto dai tutor, che seguono lo studente passo dopo passo. Alcune critiche, allora, sono del tutto infondate. Perché, alla fine, le cose sono abbastanza semplici: è evidente a tutti che ci possono essere ottime e pessime università in presenza, esattamente come ce ne possono essere di ottime e pessime online. Da cui discende che ogni crociata contro chi lavora per offrire a decine di migliaia di persone la possibilità di studiare e crescere risulta del tutto ingiustificata. Perché il diritto allo studio dovrebbe essere davvero per tutti.

oggi, 26 Luglio 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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