Cittadini trattati come bancomat, così si alimentano i voti antisistema

Vicende come quella dei derivanti in capo al Comune e alla Città metropolitana di Genova contribuiscono a spiegare perché gli elettori si siano allontanati dai partiti tradizionali

9 Marzo 2018

Il Secolo XIX

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

E’ difficile ignorare che, nel voto di domenica scorsa, si nasconde una sorta di reazione di rigetto degli elettori nei confronti dei partiti tradizionali. Vicende come quella dei derivati in pancia al Comune e alla Città metropolitana di Genova, al centro dell’inchiesta di Matteo Indice e Roberto Sculli in queste pagine, forse non giustificano, ma certamente contribuiscono a spiegare perché i cittadini hanno voluto dare tanto spazio alle forze antisistema. La sfiducia emersa dalle urne, infatti, si alimenta di episodi come questo, nei quali – vuoi per ignavia amministrativa, vuoi per disinteresse politico – la collettività si è sentita trattata alla stregua di un bancomat.

Se ne possono trarre almeno tre lezioni, di cui i leader politici dovrebbero fare tesoro. La prima riguarda l’apparente leggerezza con cui vennero stipulati contratti complessi e rischiosi. La Corte dei conti rimarca più volte come gli enti locali abbiano sottovalutato le conseguenze delle proprie azioni, affidandosi a intermediari in potenziale conflitto d’interesse e talvolta non essendo neppure in grado di comprendere il contenuto degli impegni che venivano assunti. La gestione della finanza pubblica implica necessariamente l’obbligo a esercitare un surplus di cautela: rischi che sono tollerabili se assunti da parte di un’azienda o un individuo, non lo sono quando a farsene carico è la PA. Un conto è fare una scommessa contro il mercato utilizzando i propri soldi, e rispondendo in prima persona di plusvalenze e minusvalenze: altra cosa è seguire la medesima condotta giocando coi soldi di tutti.

Prendere i rischi sottogamba è ancor più grave quando gli effetti sono destinati a protrarsi nel tempo e a divenire chiari solo quando i responsabili sono lontani. Ammettiamo pure che i vertici politici e le strutture tecniche che hanno sottoscritto i contratti si siano comportati in modo ineccepibile, e che le perdite siano riconducibili a dinamiche all’epoca imprevedibili. Ma perché, in tutti questi anni, nessuno si è preso la briga di monitorare l’andamento dei mercati e tentare una rinegoziazione? Anche su questo la magistratura contabile appare quasi incredula. L’assenza di controllo è tanto più stupefacente se si considera che, nel tempo, si sono avvicendati amministratori, maggioranze e funzionari differenti. Sembra che nessun politico abbia mai avvertito l’esigenza di chiedere informazioni; e nessun ufficio di fornirle o avvertire dei rischi. Un’amnesia singolare, visto che sono stati anni di progressiva riduzione dei trasferimenti agli enti locali. Sindaci e presidenti di Provincia hanno spesso alzato la voce contro i tagli, che a loro dire avrebbero messo a repentaglio l’erogazione di servizi quali il trasporto pubblico e il riscaldamento nelle scuole. Scopriamo adesso che, mentre si lamentavano di avere le tasche vuote, non solo non ne rattoppavano i buchi, ma neppure si accorgevano di averli.

Infine, a dispetto dei tanti discorsi sulla trasparenza, la disinvoltura con i derivati è emersa soltanto grazie a un’approfondita indagine della Corte dei conti. I diretti interessati sembravano non averne alcuna contezza, ma neppure alcun soggetto terzo si è accorto di nulla. Questo dipende, almeno in parte, dall’opacità con cui vengono redatti i documenti di bilancio degli enti pubblici. Essi non sono percepiti come obblighi sostanziali, ma come meri adempimenti formali. Il risultato è la loro incomprensibilità. Al di là delle eventuali responsabilità politiche e legali, le perdite inflitte al Comune e alla Città metropolitana dal ricorso troppo facile a strumenti finanziari complicati dovrebbero rimanere nella memoria di elettori ed eletti. Ormai i buoi sono scappati e forse è troppo tardi per ricuperarli, ma capire gli errori del passato è la precondizione per non ripeterli. L’organizzazione interna degli enti locali va vivisezionata in modo da evitare ulteriori disattenzioni. Se qualcuno ha qualcosa da dire, batta un colpo.

da Il Secolo XIX, 9 marzo 2018

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