Cina, una lezione di umiltà

Un estratto di "Come la Cina è diventata un paese capitalista" edito da IBL Libri

16 Giugno 2014

Il Sole 24 Ore

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La riforma economica della Cina non ebbe mai la finalità di smantellare il socialismo e spostare il paese verso il capitalismo. Il suo scopo era piuttosto la modernizzazione socialista; un’altra Lunga Marcia per realizzare quello sviluppo economico che Mao non era riuscito ad attuare. Dal momento che il comunismo afferma che il suo destino sia la sconfitta del capitalismo, normalmente si ritiene che il Partito comunista sia incompatibile con il mercato. Ma non dovremmo commettere l’errore di eguagliare un’organizzazione politica (il Partito comunista) con la sua ideologia politica (il comunismo). Ogni individuo ha diverse identità (per esempio, può essere maschio, professore, marito, economista e ammiratore di Adam Smith). Allo stesso modo, le organizzazioni politiche hanno identità multiple e fluide. L’incapacità di separare il Partito comunista dal comunismo ha fatto sì che molti fossero propensi ad assumere un approccio fuorviante nei confronti della transizione economica. Ha fatto nascere la convinzione che le riforme di mercato fossero impossibili in un paese socialista, a meno che l’intero sistema comunista, comprese l’ideologia e l’organizzazione politica, non venisse prima spazzato via. Una rottura chiara e netta con il passato comunista era ritenuta un prerequisito assoluto per una transizione verso l’economia di mercato. Molti economisti che erano anche consiglieri politici confidavano che la loro padronanza dell’economia moderna avrebbe consentito la costruzione dal nulla di un’economia di mercato solamente se fosse stata completamente persa qualsiasi traccia di socialismo. Ma la convinzione che un’economia di mercato potesse essere progettata razionalmente ricadeva in quella che Hayek chiamava «la presunzione fatale» del razionalismo costruttivista. Molti decenni prima, nel suo discorso di accettazione del premio Nobel, Hayek aveva avvertito che: «Agire nella convinzione di avere la conoscenza e il potere che ci permettono di modellare i processi della società interamente a nostro piacere, conoscenza che in realtà non possediamo, probabilmente ci porterà ad arrecare molti danni». La Cina fu fortunata a sfuggire a questa presunzione fatale per puro caso. All’epoca in cui fu avviata la riforma economica la Cina non contemplava (e forse non avrebbe nemmeno potuto contemplare) uno sradicamento del comunismo e un nuovo inizio e quindi, invece di immaginare un progetto completamente nuovo, cominciò dall’adattare il sistema preesistente.

(…) La caratteristica più straordinaria della riforma cinese è forse il fatto che il Partito comunista sia sopravvissuto, e in effetti ha prosperato, nei tre decenni della transizione al mercato. Ciò attesta chiaramente la flessibilità organizzativa e l’adattabilità del Partito in seguito al fallimento dell’esperimento socialista – e non la sua invincibilità, né la superiorità del socialismo stesso. Ma ciò che è ancora più straordinario è che la riforma pensata per salvare il socialismo ha inavvertitamente trasformato la Cina in un’economia di mercato. Il cavallo di Troia di questo racconto straordinario è l’insegnamento cinese di «cercare la verità a partire dai fatti», che Deng Xiaoping definì erroneamente «l’essenza del marxismo». Quando la Cina divenne un gigantesco laboratorio economico, le forze della concorrenza furono in grado di mettere in atto la loro magia. Nel processo sperimentale di scoperta, le risorse furono dirette verso il loro utilizzo più proficuo ed emersero istituzioni e strutture organizzative migliori che facilitarono l’apprendimento collettivo. La Cina si ritrovò trasformata in un’economia di mercato dopo trent’anni di riforme che erano state concepite come strumento per salvare il socialismo.
(…) I villaggi di contadini affamati ritornarono all’agricoltura privata e le imprese di distretto e di villaggio superarono in prestazioni le aziende statali. Nelle città cinesi l’introduzione del lavoro autonomo e dell’imprenditoria privata portò maggiore vitalità all’economia urbana rispetto a quanto avessero fatto le riforme dell’impresa guidate dallo Stato. Quella della riforma economica cinese è una storia di ostinata imprenditoria privata, di esperimenti sociali audaci, ma graduali, e di umiltà e perseveranza nella lotta dell’uomo per una vita migliore.

Come la Cina è diventata un paese capitalista
Ronald Coase e Ning Wang

Da Il Sole 24 ore, 15 giugno 2014

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